Comanda il virus. Nel senso che è lui che detta i tempi di gioco. Tutto dipende da come si comporta. Non che in questo momento il calcio sia il primo pensiero, anzi: è chiarissimo a tutti che il principale problema, attualmente, è la salute. Poi c’è l’economia, che avrà ripercussioni terrificanti, modificando radicalmente il nostro modo di vivere dopo questa epidemia globale. In tutto questo casino, però, un posticino ce l’ha anche il calcio.
Ed è chiaro che, chi di calcio lavora, sia preoccupato e cerchi di tutelare i propri interessi.
E gli scenari che si presentano non sono affatto positivi, con tutto lo sport mondiale che ‘abdica’ e cede all’invadenza del ‘coronavirus’: spostati di 1 anno gli Europei di calcio e le Olimpiadi, roba non da poco, annullati molti grandi tornei di tennis, sterilizzati 7 GP di Formula 1, congelati tutti gli altri eventi in ogni settore sportivo.
E il calcio che fa? Litiga. Quello di serie A, intendo, che manovra tanti soldi e governa tutto un sistema che, a cascata, subisce le conseguenze. E la Uefa che fa? Tentenna.
E pensa a come finire le Coppe, dove rischia di perdere una montagna di soldi di sponsor. Nessuno che vuole decidere, tutti parlano di ripresa ‘appena possibile’, di concentrazione delle partite, di date-limite, di allungamento del calendario e del mercato. Si discute di quando riprendere la preparazione, di come sarà la condizione fisica ‘dopo lo stop’, delle implicazioni psicologiche. Intanto i giocatori stranieri, dopo la ‘quarantena’, se ne vanno. Tornano a casa dalle famiglie. Brutto segnale.
Volete che vi dica? La mia sensazione è che non si giochi più. La stagione ’19-’20 andrà in archivio così, con circa 2/3 delle gare giocate. E i presidenti, quelli ‘pesanti’, meditano di non pagare il lavoro non fatto. Per limitare i danni. All’estero hanno dato l’esempio: i giocatori di Barcellona e Bayern Monaco si sono ridotti lo stipendio, seguiti da molte altre squadre dei loro campionati. Altre realtà stanno meditando di farlo. Da noi, niente. Non vola una mosca, nessuno si muove. Si aspetta. Eppure hanno già fatto i calcoli: la serie A, fermandosi qui, potrebbe perdere fra i 700 e gli 800 milioni di euro, la Lega Pro 70/80, forse qualcosa in più. E molte società rischierebbero di sparire del tutto, riducendo di molto i confini della categoria.
Allora che calcio sarà, quando si riprenderà? Tutto diverso, credo. Come la vita. Dopo questa mostruosa epidemia, della quale non si conosce la cura e non si vedono i confini, sarà tutto un altro mondo. Dovremo cambiare, credo, il nostro modo di concepire la vita e di affrontarla. E cambierà anche il calcio e il rapporto con esso. Come, non lo so.