Se n’è andato il ‘Tina’. La scorsa settimana ha tolto il disturbo e, con le mani sul pallone come sempre nelle foto di squadra, è volato ad insegnare calcio fra i più. Come ha detto il giornalista Alessandro Trisoglio nel saluto letto durante il funerale: “Se S. Pietro non ha ancora imparato a giocare al pallone, ora lo farà”.
Era così, Giorgio Tinazzi detto ‘Tina’, innamorato del pallone. Classe 1934, milanese scuola Inter, grigio dal ’55 al ’57, protagonista di quel famoso spareggio a S.Siro, col Brescia, che riportò l’Alessandria in A. Quel giorno segnò il primo gol del 2-1 finale. Dopo tornò all’Inter, quindi Verona, Udinese, Modena, Palermo e Casale, dove chiuse la carriera a 36 anni. Poi allenò, sempre nei dintorni di Alessandria, dove visse la sua vita post calcistica, mise su famiglia e nacque suo figlio Giancarlo. Insegnò calcio per molti anni, a migliaia di giovani, ma non si arrabbiava mai. Piuttosto spiegava, con l’accento milanese, l’esempio e il sorriso, la cosa corretta da fare. Ma pochi, pochissimi avevano i suoi piedi, e quindi era difficile applicare la correzione.
Non troppo alto, robusto, rapido, grande capacità polmonare, buona tecnica e tiro fortissimo. Rimase ‘in forma’ per tanti anni, continuando a giocare nei tornei amatoriali. Ricordo quando lo conobbi, ragazzino, al vecchio bar ‘Baleta’: non mi sembrava vero toccare e ascoltare uno dei giocatori dell’album di figurine! E poi, più grande, affrontarlo da avversario nel torneo di ‘Baleta’! Io, portiere autodidatta e col fisico non proprio da atleta, contro Tinazzi! Roba da matti. Eppure in finale vincemmo noi, la Finanziaria di Ceni: baldi ventenni, alcuni dei quali bravini come calciatori, contro una squadra di ex-giocatori veri poco più che quarantenni.
Tirava fortissimo, il ‘Tina’. Di collo-piede esterno, col destro. Ricordo che in quella partita, per due volte, respinsi una sua punizione e ancora mi è chiara la sensazione di bruciore alle mani. Ma che soddisfazione parare un tiro di Tinazzi!
Poi l’amicizia è rimasta, come con il figlio. Non ci si è mai frequentati tantissimo, ma ci si vedeva in giro e inevitabilmente, complice la fede nerazzurra, si parlava di calcio. E c’era sempre da imparare. Mi restano, nitide, due frasi lapidarie che amava ripetere: “Un punto in classifica è tanto…” e “Chi fa gol?”. Attualissime, spiegano molte cose del calcio, ancora oggi. Già, il calcio, la sua vita. Ciao Giorgio.