L’Alessandria è quarta dopo la vittoria (2-0) sul FeralpiSalò ed entra per la prima volta in zona playoff. La parità di punti con il Como (29) è reale, ma i parametri di valutazione per gli spareggi sono favorevoli ai grigi. E così la truppa di D’Angelo si infila fra la nobiltà del campionato, dettata non dal blasone ma dal rendimento sul campo, con la quinta vittoria consecutiva (esclusa la coppa) e un ritorno nel ‘fortino’ del ‘Moccagatta’ da leccarsi i baffi. Da qui a Natale ci saranno altre due sfide da giocare in casa (Bassano il 17 e Renate il 21) e sarà necessario vincerle per poter migliorare ancora e ragionare, a bocce ferme, durante la sosta, in vista del mercato di gennaio. In mezzo la trasferta di Como, ostica per mille motivi, contro una squadra che partirà dal vantaggio psicologico del 4-0 di coppa, anche se l’Alessandria che tornerà al ‘Sinigaglia‘ in campionato non sarà quella del 3 dicembre, ma sarà un’altra squadra nella formazione, nello spirito e nella conoscenza della gara, visto che il tecnico grigio avrà tratto indicazioni preziose da quella inopinata ed abnorme sconfitta. E soprattutto speriamo che sia la stessa squadra di domenica sera: solida, quadrata, ordinata, a tratti bella, sicura dei propri mezzi, padrona della gara per 80′, esclusi i primi 10’ della ripresa per il tentativo di forcing degli avversari. L’Alessandria attraversa un momento di buonissima condizione fisica, quindi sul piano della corsa non soffre mai, tatticamente è ordinata e cambia modulo in corsa, passando dalla difesa a 3 a quella a 4 e poi tornando a 3 senza problemi, i giocatori si scambiano di ruolo con grande facilità e sanno sempre dove stare e cosa fare, al di là delle assenze del momento. Chi ha giocato meno entra con grande voglia e spacca tutto, come Rantier, che dopo parecchia panchina ha ‘firmato’ la doppietta che ha steso il Feralpi; chi sta fuori (li avevo a due metri), che sia squalifica, infortunio o scelta tecnica, fa il tifo e segue con grande trasporto per tutta la gara, mostrando una coesione di gruppo e un’unità d’intenti che, se coltivate, possono solo portare lontano. E tutto questo è merito della società, del direttore sportivo, ma soprattutto, fatemelo dire, dell’allenatore Luca D’Angelo, che ha portato il gruppo a crescere insieme, gradualmente, dando spazio a tutti e convincendoli a giocare come più si confà al bisogno della squadra, trovando col tempo gli equilibri giusti sul campo e nello spogliatoio e trovando, soprattutto, il capitano, l’uomo di riferimento che mancava: Riccardo Taddei. Ora non resta che attendere gli esiti della giustizia sportiva: se, come dicono, il Pavia verrà penalizzato di 1 punto, la vetta sarà solo a 3 lunghezze. Cioè una partita. E i grigi ne hanno una in meno…
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