Santino Ciceri è il primo in piedi a sinistra (foto archivio Carlo Sacco)
Se ne è andato questa mattina. Avrebbe compiuto 89 anni a dicembre, Ciccio. Perché lo chiamo così? Perché lui era un ‘baletiano’ di ferro e quello era il suo soprannome. Erano tutti suoi amici nel mitico bar Baleta, dove spesso giocava a carte, parlando di calcio con tutti. Dopo aver fatto il portiere per 2 anni (1970-1972) e il segretario per 3, rimase in città, dove aveva trovato l’amore, sposando la figlia di un fornaio di via Ferrara. E quando si disputava il Torneo di calcio baletiano a Lobbi, giocava anche lui, ma non in porta. 

Aveva un forte accento milanese, Ciccio. Inconfondibile. E quel modo di fare tipicamente lombardo, mischiato a quell’atteggiamento da calciatore che non abbandona mai l’individuo che ha giocato.

Sbrigativo, fulminante con le battute, simpatico, ha fatto parte di una formazione che molti hanno mandato a memoria: Ciceri, Paparelli, De Luca; Magri, Colombo, Berta; Mantellato, Di Pucchio, Sassaroli, Lorenzetti, Vanzini.
Che va snocciolata con la cadenza tipica di allora, basata sui numeri di maglia: 1-2-3; 4-5-6; 7-8-9-10-11. Erano i grigi di patron Remo Sacco.

Classe 1935, iniziò nel Milan giocando 1 gara di campionato e 1 in Coppa Campioni. Poi 477 gettoni fra serie B e serie C con le maglie di Reggina, Pistoiese, Pisa, Verona, Monza, Modena e Alessandria.

Ciao, milanés.
Santino Ciceri è quello accovacciato al centro (foto archivio Carlo Sacco)

 

 

Di Raimondo Bovone

Ricercatore instancabile della bellezza nel Calcio, caparbio "incantato" dalla Cultura quale bisettrice unica di stile di vita. Si definisce "un Uomo qualunque" alla ricerca dell'Essenzialità dell'Essere.

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