Se ne è andato questa mattina. Avrebbe compiuto 89 anni a dicembre, Ciccio. Perché lo chiamo così? Perché lui era un ‘baletiano’ di ferro e quello era il suo soprannome. Erano tutti suoi amici nel mitico bar Baleta, dove spesso giocava a carte, parlando di calcio con tutti. Dopo aver fatto il portiere per 2 anni (1970-1972) e il segretario per 3, rimase in città, dove aveva trovato l’amore, sposando la figlia di un fornaio di via Ferrara. E quando si disputava il Torneo di calcio baletiano a Lobbi, giocava anche lui, ma non in porta.
Aveva un forte accento milanese, Ciccio. Inconfondibile. E quel modo di fare tipicamente lombardo, mischiato a quell’atteggiamento da calciatore che non abbandona mai l’individuo che ha giocato.
Sbrigativo, fulminante con le battute, simpatico, ha fatto parte di una formazione che molti hanno mandato a memoria: Ciceri, Paparelli, De Luca; Magri, Colombo, Berta; Mantellato, Di Pucchio, Sassaroli, Lorenzetti, Vanzini.
Che va snocciolata con la cadenza tipica di allora, basata sui numeri di maglia: 1-2-3; 4-5-6; 7-8-9-10-11. Erano i grigi di patron Remo Sacco.
Classe 1935, iniziò nel Milan giocando 1 gara di campionato e 1 in Coppa Campioni. Poi 477 gettoni fra serie B e serie C con le maglie di Reggina, Pistoiese, Pisa, Verona, Monza, Modena e Alessandria.
Ciao, milanés.