E’ bello ricordarlo così, Paolo Rossi detto ‘Pablito’: sorridente, con la maglia azzurra addosso, fra i compagni di squadra di quell’indimenticabile trionfo mondiale del 1982.
Rossi è stato, ma forse sarebbe meglio dire è, o sarà sempre, uno di quei personaggi che si amano a prescindere, per la bravura sul campo e la normalità del personaggio.
Lui era il centravanti della nazionale, lui ha portato l’Italia a vincere il Mundial di Spagna, lui con i suoi 6 gol fu capocannoniere di quella manifestazione, lui grazie a quel trionfo nel 1982 vinse il Pallone d’Oro, 3° italiano dopo Sivori (da oriundo) e Rivera.
Commoventi sono stati i ricordi dei suoi compagni di nazionale di allora, tutti tesi a ringraziarlo per averli portati alla vittoria, senza dimenticare che il calcio si gioca in undici e tutti hanno dato il proprio contributo, ma sottolineando come, senza i suoi gol, l’Italia non avrebbe vinto quel Mondiale. Molti altri lo hanno ricordato come uno semplice, genuino, anti-personaggio, disponibile, aperto, soprattutto sorridente. Sempre.
Così lo ricordano i tifosi azzurri, grati per aver goduto e festeggiato ad ogni suo gol fino al trionfo di Madrid. Incancellabile. Indimenticabile. Fondamentale per la nazione.
E tutti noi del 1956, suoi coetanei, ci siamo sentiti, scritti, guardati negli occhi in questi giorni, pensando alle nostre vite normali, appese al filo del destino come per tutti, ma segnate da momenti meravigliosi grazie a uno come noi, uno della nostra età.