Applicazioni per smartphone e tablet come veri e propri ausilii diagnostici
Attenzione però agli hacker e al fai da te che non ha nulla di scientifico
Il mercato delle applicazioni per dispositivi portatili dedicate alla salute e al fitness è, sì di nicchia, ma, dalle prospettive fiorenti secondo Harry Wang, analista della Parks Associates. La considerazione è stata presa sul serio da grandi aziende come Apple e Google, le quali stanno lavorando su interessanti progetti che riguardano per l’appunto l’integrazione del mondo della sanità e del benessere con quello degli smartphone e dei tablet.
L’azienda di Cupertino, in particolare, sta mettendo anima e corpo nello sviluppo di Research Kit, una piattaforma open source di applicazioni che ha l’obiettivo di mettere in contatto pazienti e medici. Attraverso il semplice utilizzo del proprio iPhone, sarà possibile condividere dati sulla propria salute direttamente con professionisti del settore sanitario, i quali saranno in grado così di compiere studi su diverse malattie.
La sperimentazione è appena iniziata ma già si sono registrati i primi doverosi dubbi, incentrati soprattutto sulla qualità del campione preso in considerazione, sulla veridicità dei dati raccolti, sulla questione del consenso informato e, infine, sulla protezione di vitali informazioni personali dalle grinfie degli hacker. Quest’ultimo aspetto non è, purtroppo, una preoccupazione immaginaria ma una concreta realtà se si pensa che, secondo uno studio condotto da Intel Security e Atlantic Council, il 44% delle informazioni rubate in rete negli Stati Uniti nel 2013 riguardava la salute dei cittadini, con un aumento al 60% se si considera il periodo a cavallo tra il 2013 e il 2014. Google aveva avviato un progetto simile nel 2008 chiamato Google Health, ma decise di abbandonarlo nel 2013. La strategia di Mountain View nel settore delle app “salutistiche” si articola oggi in Google Fit, dal cui nome si comprende il focus incentrato sul fitness, e in Baseline Study, che ha lo scopo di aggregare dati sanitari al fine di dipingere l’immagine della salute ideale, con l’aiuto anche dei dispositivi che si possono indossare, i cosiddetti wearables.
Concentrarsi solo su questi “lavori in corso” farebbe torto alle app già esistenti e utilizzate nel mondo della sanità. Possiamo citare a mo’ d’esempio Figure 1, considerata l’Instagram delle immagini mediche, dove professionisti di tutto il mondo condividono situazioni cliniche, proteggendo la privacy dei propri pazienti, e si scambiano opinioni sulle stesse. Anche la nostra provincia può vantare un app di questo tipo, cioè Doctor Tag, sviluppata dal tortonese Paolo Bergamini e dal casalese Massimo Boccia. Un chip contenente le informazioni della cartella clinica, inseribili da pc o dispositivo portatile, è installato su una carta o un braccialetto ed è leggibile via il sistema NFC (Near Field Communication) ogni volta ve ne sia il bisogno.
Stefano Summa