La legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, approvata nel maggio del 1978, continua a far discutere ancora oggi, in particolare in merito a quanto prevede l’articolo 9. Esso recita, infatti, che “il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte […] agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione”. Inoltre, prescrive che “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”.
Una delle conseguenze causate da quest’articolo è l’esistenza della figura degli “obiettori di coscienza”, che hanno raggiunto percentuali notevoli negli ospedali alessandrini. Così risulta dai dati raccolti dalla Regione Piemonte tra il 2012 e il 2013, periodo al quale risale l’ultimo studio sull’applicazione della legge 194. A Novi Ligure pongono obiezione di coscienza il 66% dei ginecologi e il 24% degli anestesisti, a Tortona il 62% dei ginecologi e il 50% degli anestesisti. I ginecologi obiettori sono al 57% ad Acqui Terme e al 78% ad Alessandria. È a Casale Monferrato dove si raggiungono le percentuali più alte, l’88% tra i ginecologi e il 58% tra gli anestesisti.
Questi numeri sono sufficienti per la “chiamata alle armi” contro il succitato articolo secondo Giacomo Orlando, già primario dell’Ospedale San Giacomo e co-fondatore della sezione di Novi Ligure della Consulta di Bioetica. Egli ritiene, infatti, che si tratti di un articolo superato per i compiti che le già citate professioni sono chiamate a svolgere, in grado di impedire alle donne di usufruire di un loro diritto e di ghettizzare coloro che negli ospedali non sono obiettori. Un altro aspetto critico per Orlando è il mancato obbligo da parte dell’obiettore di giustificare la propria scelta alle donne che desiderano abortire.
A queste accuse ha replicato Margherita Borsalino, presidente del Movimento per la Vita di Casale Monferrato. Dati del Ministero della Salute alla mano, ella ha negato che tra le conseguenze dell’articolo 9 vi sia il sovraccarico di lavoro per i medici non obiettori o, addirittura, l’impedimento a soddisfare le richieste d’ivg per mancanza di personale disponibile. Per la Borsalino, l’art. 9 permette che gli operatori possano non partecipare “alla violazione del diritto fondamentale alla vita di un essere umano allo stato embrionale/fetale”, esattamente come hanno previsto i legislatori.
Stefano Summa