Volano missili sul mare del Giappone. Numerosi, circa 7, i test missilistici condotti da Pyongyang nelle ultime due settimane. Lo scorso martedì un missile nordcoreano ha sorvolato la parte settentrionale dell’arcipelago giapponese, mentre Tokyo, per la prima volta da anni, ha allertato la popolazione invitandola a trovare un rifugio. Fortunatamente il missile non ha provocato alcun tipo di danno dirigendosi ben oltre la costa orientale del Paese.
Le provocazioni americane, la minaccia di Kim
«Misure di contrasto giustificate» tuona Pyongyang, che addita Usa e Sud Corea come i colpevoli dell’escalation in corso. Non è un caso che la sequenza di lanci coincida con l’arrivo a Busan, città portuale sudcoreana, della portaerei americana USS Ronald Reagan. Inoltre, la visita diplomatica del vicepresidente Kamala Harris e soprattutto la ripresa delle esercitazioni militari congiunte fra Sud Corea e Usa, alle quali si è unita anche la marina giapponese, hanno contribuito non poco ad impensierire la già cupa mente del dittatore nordcoreano. «I guerrafondai che hanno freneticamente cercato di ricattare la Corea con incoscienti prove di guerra – scrive il sito di propaganda nordcoreana Uriminzokkiri – ora strepitano riguardo la forza dell’alleanza ma in realtà si tratta solo di una pietosa spavalderia di chi è spaventato dalla nostra potenza militare».
La tensione è alta e due giorni fa la gente di Gangneung, a nord est di Seoul, ha tremato alla vista di un missile balistico schiantato al suolo non troppo distante dall’abitato. La città costiera ha creduto inizialmente che si trattasse di un primo attacco nordcoreano ma solo successivamente lo Stato Maggiore di Seul ha reso noto che l’incidente è stato causato da un errore durante il lancio di 5 missili balistici facenti parte di un’esercitazione congiunta con gli Stati Uniti. La situazione della penisola coreana si fa sempre più complessa e il rischio di una crisi rischia di essere drammaticamente alle porte. Ad ogni modo gli Stati Uniti dicono di essere impegnati per «un approccio diplomatico e chiedono alla Corea del Nord di impegnarsi nel dialogo».
Volano le accuse all’interno dell’Onu.
Una riunione del Consiglio di sicurezza, convocata d’urgenza per mercoledì pomeriggio, si è riunita sotto richiesta Usa per discutere delle violazioni e dei lanci missilistici ordinati da Kim Jong Un. Parole al vetriolo quelle dell’ambasciatrice americana Linda Thomas-Greenfield, dirette contro Mosca e Pechino «la Nord Corea ha goduto di una protezione totale da parte di due membri di questo Consiglio. Questi due membri hanno fatto di tutto per giustificare le ripetute provocazioni della DPRK- acronimo per la Repubblica Democratica Popolare di Corea – e bloccare ogni tentativo di aggiornare il regime delle sanzioni. In breve, due membri permanenti del Consiglio di sicurezza hanno abilitato Kim Jong Un». Secondo, Geng Shuang, invece, viceambasciatrice cinese alle Nazioni Unite, è Washington la principale colpevole dell’escalation in corso «I recenti lanci della Corea del Nord sono strettamente legati alla serie di esercitazioni militari nella regione» affermando che l’azione degli Stati Uniti nel mare orientale – chiaro il riferimento al reiterato sostegno di Taipei – «sono impegnati in manovre politiche che stanno avvelenando l’ambiente della sicurezza nella regione. In questo contesto, l’aumento delle tensioni nella penisola non deve sorprendere». Anche la portavoce del Cremlino, la viceambasciatrice Anna Evstigneeva, la condotta statunitense sarebbe rea di aver inasprito i rapporti con Pyongyang, considerando le proposte di ulteriori sanzioni «come un vicolo cieco». «Siamo convinti che i meccanismi delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza debbano essere utilizzati per sostenere il dialogo intercoreano e i negoziati multilaterali, anziché diventare un ostacolo» ha concluso la diplomatica russa.
Il silenzio delle nazioni, il rumore della guerra.
Mentre la minaccia di un imminente test nucleare di Pyongyang contribuisce non poco a preoccupare gli animi, le Nazioni Unite, dal canto loro, sembrano totalmente incapaci di rispondere con fermezza a tali provocazioni. Inutili i moniti del corpo diplomatico sudcoreano e giapponese, che invitati a parlare, hanno messo in guardi i Quindici su quanto sia pericoloso, per la credibilità dell’istituzione, tale stallo. «Il silenzio in questo caso non è un’opzione» ha concluso significativamente l’ambasciatore giapponese.
Daniele De Camillis