L’Occidente a tavola con i Talebani. Gli incontri diplomatici di Oslo in un clima di “comprensione e cooperazione”.

A tavola con i talebani nel tentativo di risolvere il disastro umanitario in corso. Quale sede migliore di Oslo, luogo dell’annuale conferimento del premio Nobel per la Pace, per ospitare i primi colloqui diplomatici con i talebani.

Una delegazione talebana, composta da 15 membri e guidata dal ministro degli Esteri del governo islamista Amir Khan Mutaqqi, è giunta in Europa, per la prima volta, invitata dai rappresentanti diplomatici di Stati Uniti, Germania, Francia, Norvegia, Italia e Unione Europea. Un primo passo importante, che giunge in seguito ad altri incontri internazionali tenuti dall’autoproclamato emirato islamico, con precedenti visite politiche in Russia, Iran, Qatar, Pakistan Cina e Turkmenistan, avvenute nel corso di questi 6 mesi di potere.

Gli studenti coranici e l’attivismo femminista, uno “strano” incontro.

I diplomatici dell’Emirato hanno partecipato a tre giorni di intensi colloqui, il primo dei quali guidato da alcune attiviste femministe e giornaliste preoccupate per la situazione e la tutela dei diritti delle donne afghane. La riunione è stata definita «positiva» dalle attiviste, sorprese dalla buona volontà dimostrata dai talebani. «Hanno ascoltato con pazienza e hanno risposto alla maggior parte delle nostre preoccupazioni», riferisce Jamila Afghani, attivista afghana, fondatrice della NECDO (Organizzazione Noor per l’Istruzione e lo Sviluppo delle Capacità). «Vediamo quali saranno le loro azioni in seguito a quanto hanno affermato». La diplomazia occidentale è stata chiara, il ripristino dell’aiuto economico a fini umanitari, fondamentale per il paese e la sua popolazione, è condizionato alla ripresa dell’educazione femminile. «Abbiamo chiaramente indicato – specifica il premier norvegese Jonas Gahr Store – che vogliamo che le ragazze tornino a scuola a marzo, comprese quelle con più di 12 anni».

Nessun riconoscimento, ma il dialogo è necessario. Il disastro umanitario in corso in Afghanistan

Un primo passo verso il riconoscimento? È quanto sperano le autorità talebane: «È un passo per legittimare il governo afghano da parte dei paesi occidentali» afferma Shafiullah Azam vicedirettore della cooperazione economica del governo talebano. La speranza, da parte talebana, è quella di «cambiare l’atmosfera bellica nel Paese». «In realtà – afferma Azam – sulla base della propaganda degli ultimi vent’anni, ci sono sempre stati problemi riguardanti i Talebani, ma ora questo tipo di invito e di comunicazione aiuterà l’Unione Europea, gli Stati Uniti e molti altri paesi a cancellare l’immagine sbagliata del governo afghano». Nonostante i buoni propositi l’avvio di un processo di riconoscimento è ancora lontano, e i rappresentanti delle democrazie occidentali sono stati chiari a tal proposito; gli incontri, per quanto siano stati percepiti come «seri e sinceri», secondo le parole del premier norvegese, «non costituiscono assolutamente una legittimazione né un riconoscimento» ha chiarito la ministra degli Esteri norvegese Anniken Huitfeldt. «Tuttavia – sottolinea Huitfeldt – è necessario parlare con le autorità che di fatto guidano il Paese. Non possiamo lasciare che la situazione politica porti a un disastro umanitario ancora più grande». La comunità internazionale, con seccato realismo, ha di fronte l’ardua scelta se abbandonare la popolazione afghana ad una crisi umanitaria disastrosa, oppure intervenire, pur se questo significa scendere ai patti con i sedicenti studenti corani. Lapidali le risposte del premier norvegese a coloro che hanno criticato gli incontri diplomatici: «l’alternativa è abbandonare l’Afghanistan, un paese in cui oggi più della metà della popolazione ha bisogno di aiuto umanitario». Il congelamento dei fondi della Banca centrale Afghana, avvenuto per opera americana al seguito della presa di Kabul, ha complicato una situazione economica che già prima non era delle migliori. Dipendente per l’80% del suo bilancio dai fondi internazionali, l’Afghanistan, ora preso dai talebani, tutto d’un tratto si è ritrovato abbandonato a se stesso, posto di fronte ad una sfida umanitaria che non è in grado di risolvere. Con la disoccupazione alle stelle e le condizioni metereologiche disastrose, l’Afghanistan e la sua popolazione sono sull’orlo di un collasso. La carestia in corso sta affamando 23 milioni di persone e conducendo il 97% della popolazione alle soglie della povertà assoluta. L’obiettivo talebano è evidente, cercare il riconoscimento internazionale e legittimare la propria presa di potere, svestendosi definitivamente dei panni insanguinati del terrorismo. La domanda ora è: l’Occidente sarà disposto ad accettare questo cambio d’abito al fine di salvaguardare i diritti umani e civili, e forse i proprio interessi?

 

Daniele De Camillis

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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