Si alla Finlandia e alla Svezia all’interno della Nato. Un ingresso che si era fatto aspettare. Alla fine, la Turchia di Erdogan, contraria dall’inizio, a causa degli ambigui rapporti fra il Pkk – organizzazione terroristica curda -e i governi scandinavi, si è detta disposta a lasciar cadere il veto all’ingresso dei due Paesi del Nord all’interno dell’Alleanza
Soddisfatto per l’accordo ottenuto, il sultano d’Ankara è riuscito a dare al proprio paese un peso fondamentale per gli equilibri interni dell’Alleanza. Il no all’ingresso di Helsinki e Stoccolma, infatti, è stato ritirato solo in seguito alla firma di un documento di intesa. Un memorandum che impegna i paesi scandinavi alla «collaborazione» con il governo turco al fine di contrastare l’organizzazione terroristica del PKK, i membri dei quali si sospettava trovassero rifugio proprio in Svezia e Finlandia, con il beneplacito dei loro governi. Un chiaro segnale a quanti, Usa ed Europa compresi, fossero interessati ad intromettersi negli affari della Turchia.
Il «nuovo corso» della Nato
L’ingresso dei due Paesi, sancito dal summit di Madrid è l’inizio di un nuovo “storico corso dell’Alleanza Atlantica” – secondo le parole del presidente Biden – . Proprio durante la riunione nella capitale spagnola, i rappresentanti dell’unione militare hanno stabilito il nuovo Strategic concept.
«Un progetto per l’adattamento dell’Alleanza a una nuova realtà della sicurezza per i prossimi anni» spiega Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato. L’Alleanza, infatti, si sta preparando ad affrontare le nuove sfide che il mondo nascente sta ereditando dalla fine degli equilibri geopolitici passati. Le attenzioni sono rivolte anche verso le sfide climatiche, nuovo fattore da non sottovalutare anche per le conseguenze militari e politiche. «La Nato – si legge in un comunicato stampa – promette di rafforzarsi in tutti questi settori e assicura che lavorerà per identificare e ridurre le vulnerabilità strategiche, come le infrastrutture, le catene di valore e i sistemi sanitari; allo stesso tempo saranno rafforzati la “sicurezza energetica” e i “servizi essenziali” per le popolazioni». È in corso, affermano da Madrid, lo studio per una nuova metodologia di mappatura delle emissioni di gas serra dovuta alle attività militari, la quale, se andrà in porto, avrà un enorme impatto assai positivo, sull’ambiente. Anche la situazione socio – globale, viene presa in considerazione, come nuovo campo di «sfida geopolitica» per le potenze alleate. La «strumentalizzazione dei flussi migratori», non meno delle «manipolazioni dei flussi energetici», rappresentano le nuove minacce alla sicurezza mondiale. Per questo motivo, sotto pressione del governo iberico, l’agenda dell’Alleanza ha inserito fra i suoi punti la gestione del passaggio delle migrazioni, in virtù della forte carica destabilizzante che queste portano con sé, inserendo, pertanto, l’area del Sahel fra quelle ritenute a «a rischio».
La Russia la prima minaccia
Ma se Madrid sollecita l’attenzione verso il fianco “Sud” dell’Alleanza, lo sguardo Nato – fortemente guidato dagli interessi a stelle e strisce – è tutto rivolto ad Est.
«I Paesi membri hanno approvato il nuovo piano strategico della Nato, il nostro strategic concept che è molto diverso da quello concordato nel 2010 – afferma Stoltenberg – Chiarisce che la Russia rappresenta la minaccia più significativa e diretta alla nostra sicurezza», Al fine di rispondere a questa minaccia, è previsto a breve un forte rafforzamento – di circa 300.000 truppe – del fianco orientale, la maggior parte delle quali “prestate” all’Alleanza dagli Usa. «Siamo d’accordo sul fatto che Putin non deve vincere questa guerra» ha detto il cancelliere Scholz, poco prima di recarsi a Madrid, mentre è confermato per «tutto il tempo per cui sarà necessario» il pieno appoggio e sostegno, economico, politico e di rifornimento, al governo ucraino, ora maggiormente sostenuto anche da Svezia e Finlandia. «Devono capire – risponde lo Zar Putin in seguito alla notizia dell’aderenza al Patto Atlantico di Helsinki e Stoccolma – che prima non c’era alcuna minaccia, mentre ora se i contingenti militari e le infrastrutture saranno dispiegati lì dovremo rispondere in modo simile e creare eguali minacce per i territori da cui vengono minacce nei nostri confronti». Putin è chiaro, è disposto ad accettare a malincuore la rottura della storica tradizione di neutralità dei paesi scandinavi, così come la costruzione di fatto di un blocco nato che completi “l’accerchiamento” del Baltico, sul quale si affaccia l’ex capitale russa, San Pietroburgo, ma non sarà mai disposto ad accettare che tale blocco passi da una dimensione politica d’alleanza, ad una militare de facto. «Se verranno dispiegate truppe in questi paesi la Russia farà lo stesso nei territori vicini» ha minacciato Putin. Minaccia questa, che la Nato, e quindi noi, faremo bene a prendere sul serio, facendo di tutto per evitare l’insorgere di un conflitto le cui conseguenze non potrebbero che essere catastrofiche non solamente per un popolo o per un governo, ma per l’umanità tutta.
Daniele De Camillis