L’ombra di un nemico comune unisce il Medio Oriente. Naftali Bennet visita Abu Dhabi.
Il 13 dicembre Naftali Bennet ha incontrato ad Abu Dhabi il principe Mohammed bin Zayed al Nahyan. È la prima volta che un primo ministro israeliano si reca in visita negli Emirati Arabi Uniti. «ll messaggio che desidero trasmettere ai leader degli Emirati Arabi Uniti – ha dichiarato Bennet- è che la collaborazione e l’amicizia reciproche sono naturali. Siamo vicini e cugini. Siamo i nipoti del profeta Abramo». Ricordando il nome del patriarca in comune, il premier israeliano ricorda lo storico patto siglato, ad un anno di distanza, fra Israele, Bahrein ed Emirati Arabi, noto come “accordi di Abramo”, con il fine di stabilire una «nuova, profonda e solida struttura per le relazioni nella regione». All’appello per la cooperazione si è unito anche lo stesso principe Mohammed, esprimendo il suo interesse per la «stabilità in Medio Oriente». L’emittente Channel 13, inoltre, ha reso noto che il principe ha accettato con piacere l’invito rivoltogli da Bennet di visitare il suo paese. A cosa si deve questa svolta per Israele nei rapporti diplomatici con i Paesi del Golfo?
La minaccia dell’Iran e gli accordi di Abramo.
Accanto a quello ambientale, tema al centro del confronto fa i due leader, è stato sicuramente quello economico, dove gli interessi dei due paesi convergono. L’interscambio commerciale fra i due, infatti, ha raggiunto un valore di circa 500 milioni di dollari, superando di tre volte quello del 2020. Tuttavia, non è tanto l’unione di intenti ad avvicinare Israele e gli Emirati, quanto la minaccia di un comune nemico, da sempre il migliore collante politico. L’Iran e la sua ricerca nucleare, infatti, sono in grado di unire gli interessi di paesi in passato non in comunione, minacciando gli equilibri della regione. Per questo motivo la passata amministrazione Trump aveva appoggiato un percorso diplomatico, ora ereditato dalla attuale presidenza, per la costruzione di un nuovo ordine nel Medio Oriente, culminato con i cosiddetti “accordi di Abramo”. L’obiettivo era, tanto per Washington quanto per Tel Aviv, quello di ostacolare la minaccia iraniana e isolare la Turchia di Erdogan. Se nel secondo caso i risultati sono stati relativi, è infatti di novembre la notizia della visita del principe emiratino Mohammed al presidente Recep Tayyip Erdogan, nel primo l’accordo sembra avere avuto gli effetti sperati. La minaccia dello sviluppo nucleare di Teheran preoccupano Tel Aviv e l’intero mondo arabo sunnita. Il brusco raffreddamento dei nuovi negoziati sul nucleare a Vienna rende remota la possibilità di un ritorno diplomatico immediato nei rapporti fra la Nato e l’Iran, contribuendo alla costruzione di un blocco di isolamento contro Teheran sperato da Israele. Dal canto suo l’Iran non si lascia intimorire e ha proseguito la sua attività di arricchimento dell’uranio, non sentendosi più vincolata dai falliti negoziati. I timori, dunque, del protagonismo iraniano della regione devono aver avuto uno spazio rilevante nel dialogo fra il principe e il premier, come in parte sembra aver confermato Amir Hayek, ambasciatore israeliano ad Abu Dhabi. Il quotidiano israeliano Israel Hayom fa sapere che alcuni file dell’intelligence israeliana, riguardanti le linee di rifornimento delle milizie filoiraniane della regione, sono stati condivisi durante l’incontro. Il New York Times, dal canto suo, rende nota la notizia del coordinamento militare, fra Washington e Tel Aviv, per il bombardamento di alcuni siti nucleari iraniani, avvenuto lo scorso ottobre. La notizia non è stata né confermata né smentita, secondo il protocollo in uso da Israele.
Eppure, non tutti nella regione gioiscono per questo nuovo corso di alleanze. A rimanere esclusi infatti sono i Palestinesi, ora isolati più che mai. Il dialogo israeliano con i paesi del Golfo, infatti, spezza il consenso interno della Lega Araba, sempre meno impegnata al riconoscimento dello stato palestinese e alla liberazione della parte orientale di Gerusalemme. Abu Dhabi, difatti, sembra avere altri interessi. Gli Emirati Arabi Uniti hanno deciso di scommettere sulla de-escalation militare della regione, puntando a diventare baricentro delle nuove geometrie politiche medio orientali e fulcro di connessione per gli interessi regionali e mondiali. Il titolo dell’Expo da loro ospitato e organizzato Connecting Minds, Creating the Future, è già tutto un programma.
Daniele De Camillis