Il Giappone soccorre Taiwan. 1,24 milioni di dosi di vaccino Vaxzevria (Astrazeneca) sono state donate da Tokyo a Taipei lo scorso fine settimana. L’isola del pacifico, infatti, precedentemente ritenuta virtuosa dalla comunità internazionale per la scarsa diffusione del virus nel suo territorio, da qualche settimana ha registrato un’impennata nei contagi, rendendo sempre più urgente l’acquisizione di sieri vaccinali che l’isola non è in grado di produrre da sola. Taiwan, infatti, con circa 23 milioni di abitanti, conta solo il 3% di popolazione vaccinata e una seria difficoltà a reperire nuove scorte. Secondo Taipei, l’acquisizione di nuove dosi di vaccini è stata ostacolata dalla Cina continentale, la quale reclama la propria sovranità sull’isola di Formosa.
I vaccini e la strategia cinese
Nell’ultimo anno lo scacchiere geopolitico si è arricchito con la presenza dei vaccini, armi diplomatiche usate con grande abilità e strategia da Pechino. La Cina considera Taiwan come una provincia ribelle ed è disposta a tutto pur di farla tornare nel seno della madre patria. Secondo Taipei la Cina ha fatto di tutto per ostacolare l’isola dall’acquisizione di vaccini, premendo per negare il suo accesso all’OMS, e boicottando il contratto che l’isola stava stipulando con BioNTech. «A un certo momento avevamo quasi completato la firma del contratto coi produttori tedeschi, ma tutto è stato rinviato fino ad oggi a causa dell’interferenza della Cina» ha affermato Tsai Ing-wen, capo di Stato taiwanese. La Cina smentisce le accuse e assicura, per voce del suo Ufficio per gli affari di Taiwan, che: «Il nostro atteggiamento è molto chiaro: siamo disposti a prendere accordi rapidamente in modo che la stragrande maggioranza dei nostri compatrioti di Taiwan avrà vaccini continentali da utilizzare il prima possibile. Se necessario, siamo anche disposti a considerare attivamente l’invio di esperti di prevenzione e controllo delle epidemie a Taiwan, per condividere l’esperienza anti-epidemica con i professionisti medici e sanitari di Taiwan». L’isola di formosa però vuole limitare la pressione politica della Cina a tutti i costi, considerando la sua offerta di sieri vaccinali come un modo per aumentare la propria influenza ai danni dell’autonomia taiwanese. Una legge dell’isola difatti impedisce l’importazione di prodotti cinesi che possano “minare la sicurezza nazionale”, salvaguardandone l’indipendenza.
Aiuto giapponese, sostegno americano
A rovinare i piani di Pechino però giunge il comunicato del ministero degli esteri giapponese, Toshimitsu Motegi: «A questo punto siamo pronti per rispondere alla richiesta di Taiwan, dove invieremo gratuitamente 1,24 milioni di dosi del siero dell’AstraZeneca, prodotto in Giappone». Tsai Ing-wen ha definito «tempestiva» l’assistenza nipponica, gradendo l’offerta proveniente da un paese con cui Taiwan «condivide i valori universali di libertà e di democrazia». Con queste dosi Taiwan raddoppia la sua disponibilità vaccinale e si affranca dallo stallo impostogli dalla Cina. Anche gli USA giungono in aiuto dell’isola del pacifico. 750 mila sieri verranno donati da Washington a Taipei nell’ambito di un piano di distribuzione delle dosi in eccesso previsto per altri 80 Paesi in tutto il mondo. «È cruciale per gli Stati Uniti che Taiwan sia inclusa nel primo gruppo dei Paesi che riceveranno i vaccini – ha dichiarato la senatrice americana Ladda Tammy Duckworth, arrivata a Taipei per una missione diplomatica del Congresso – perché riconosciamo il vostro urgente bisogno e apprezziamo la vostra partnership». Dura la replica cinese, che si è vista rompere le uova nel paniere, che ritiene essere di sua proprietà: «Le autorità di Taiwan, spinte dai loro egoistici guadagni politici, si sono lanciate in manipolazioni politiche sulla questione dei vaccini», ha affermato il portavoce del ministero cinese degli Esteri Wang Wenbin, definendo l’azione del Giappone, caldeggiata dagli USA, «un atto di interferenza negli affari interni cinesi».
Giappone, fra Olimpiadi e quarta ondata
Nonostante la decisione del governo giapponese di aiutare il suo vicino isolano, anche il paese del Sol Levante soffre la lentezza della propria campagna vaccinale. Le autorità sanitarie giapponesi hanno da poco approvato l’uso dei vaccini Moderna e Vaxzevria per la popolazione, malgrado quest’ultimo sia guardato con sospetto anche dalle stesse, per via dei rari casi di trombosi riscontrati negli altri paesi. Come per Taiwan, solo il 3% dei 125 milioni di abitanti ha completato la vaccinazione nel paese, mentre il sindacato nazionale dei medici chiede al governo di cancellare le Olimpiadi e le Paralimpiadi di Tokyo, già rinviate di un anno, la cui apertura è prevista per il prossimo 23 luglio. «Non possiamo rinviare ancora» ha detto Seiko Hashimoto, la presidente del comitato organizzatore di Tokyo 2020 in un’intervista alla stampa locale, pur riconoscendo il sentimento «di grande insicurezza dei giapponesi», chiamati ad affrontare ad oggi la quarta ondata del virus nel paese. La paura è che l’evento possa essere un “superspreader” per la diffusione del virus, con la reale possibilità di aggravare un quadro nazionale già complicato, importando eventuali varianti straniere. La creazione di «bolle di totale sicurezza» per la salute degli atleti e dei giapponesi è al centro dell’operato del comitato olimpico nipponico ha garantito Hashimoto, convinta della possibilità di ospitare la grande competizione sportiva. Di diverso avviso è Kaori Yamaguchi, ex medaglia olimpica nel judo e rappresentante del comitato olimpico giapponese, che rimprovera agli organizzatori di non ascoltare gli appelli della popolazione che chiede la cancellazione dell’edizione olimpica. «Tokyo è stata messa con le spalle al muro dalle Olimpiadi» ha dichiarato all’agenzia di stampa Kyodo.
Ad ogni modo, il primo ministro giapponese Yoshihide Suga ha promesso un ulteriore investimento giapponese di 800 milioni di dollari a favore del programma COVAX, il programma internazionale d’acquisizione vaccinale, di cui beneficerebbe anche Taiwan. Sembra quindi crollare sotto il peso degli interventi internazionali, con il sostegno americano anticinese, il piano di isolamento “sanitario” di Pechino verso l’isola. La Cina però, come con Hong Kong, è sempre meno pronta a tollerare le indipendenze di quei territori che considera parte integrante del suo territorio nazionale. Se è pur disposta a perdere una battaglia, di certo sembra intenzionata a vincere la guerra.
Daniele De Camillis