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ROMA (ITALPRESS) – Tra tutte le famiglie guidate da un lavoratore autonomo il rischio povertà o esclusione sociale è al 22%, mentre la quota riferita ai dipendenti è decisamente inferiore e pari al 14%. Se negli ultimi decenni si è assistito a una progressiva riduzione del potere d’acquisto dei salari che ha spinto verso l’area dell’indigenza molti operai e impiegati, ai lavoratori autonomi le cose sono andate molto peggio. E’ quanto rileva l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato dati dell’Istat.
In Italia il numero dei lavoratori indipendenti è di oltre 5 milioni. Di questi, poco meno della metà opera in regime dei minimi. Si parla di attività economiche senza dipendenti e senza alcuna organizzazione d’impresa, con un fatturato annuo al di sotto degli 85.000 euro. Una pura e semplice partita IIV che fa dell’autoimprenditorialità la sua ragione lavorativa. È il caso di tanti giovani e di molte persone in età avanzata, soprattutto del Mezzogiorno, che sbarcano il lunario con piccoli lavori o consulenze, senza disporre di alcun ammortizzatore sociale o sostegno pubblico. Lavoratori che, nella stragrande maggioranza dei casi, si trovano in condizioni economiche molto fragili e, quindi, a forte rischio di povertà od esclusione sociale./gtr

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