Il 5, 6 e 7 settembre l’Associazione Jada sempre costante nell’impegno per i giovani diabetici, ha organizzato un Camping Sanitario, il Diab3king, sui sentieri del Castelmagno in Alta Valle Grana tra antiche borgate e praterie di alta quota incuneati in uno spicchio di montagna tra le valli Stura e Maira tra le alpi Marittime e le Cozie,con il patrocinio CAI sezione di Cuneo e in collaborazione con i centri diabetologici dell’Ospedale Pediatrico Cesare Arrigo di Alessandria, dell’Ospedale Pediatrico Regina Margherita di Torino e dell’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo.
Scrive l’accompagnatore Mario Peruffo, alpinista professionista e diabetico:
Il Diabtrekking è un’esperienza alternativa, una conoscenza separata, parallela e sospesa a mezz’aria di uno sprazzo di vita straordinario per chi vi prende parte, dove i ruoli e le categorie sociali tendono ad affievolirsi. Per altri aspetti il Diabtrekking rappresenta un sogno che si materializza dalla realtà onirica dei suoi ideatori.
Ma di quale sogno sto parlando?
Quello di (ri)vedersi dopo tanta solitudine post pandemia, di potersi confrontare e per qualcuno anche di potersi (ri)abbracciare, per tutti, poi, quello di scoprire: dai borghi abbandonati, alla pioggia ed al vento freddo e sferzante in cresta; dal plumbeo respiro umido di nuvole mattutine lattiginose, ai voli pindarici della mente, a quelli assai più reali e raminghi di gambe dal passo incerto, fiaccate dalla fatica e di ginocchia scricchiolanti menate senza pietà su per sentieri, declivi e montagne. Ed ancora: quello di ascoltare inedite sinfonie notturne di alert, allarmi e di tutte le diavolerie tecnologiche delle quali i ragazzi si sono accreditati esperti conoscitori durante dispute dialettiche pomeridiane con analisi assai raffinate su glicemie, carboidrati, strategie, approcci e soluzioni diverse e possibili.
Ma forse la magia più immaginifica che si dilata di anno in anno, è il viaggiare per il piacere di viaggiare (ri)mettendosi sempre in moto ed alla prova, superando limiti che, fino a poco prima, si sarebbero ritenuti (teoricamente) invalicabili.
E allora ragazzi issatevi ogni mattina più in su o più in là (come preferite, a seconda della prospettiva) rispetto a quello che siete già riusciti brillantemente a conquistare durante il Diabtrekking. Non accontentatevi perché ciò che avete solo potuto intravedere in questi tre giorni, possa diventare un alto orizzonte a voi sempre più familiare, una salvifica abitudine.
Puntate a vivere un diabtrekking quotidiano.
Aguzzate dunque l’ingegno ed affinate la volontà con maggiore sprint, verve, assiduità, allegria e leggerezza affinché la ricerca continui, perché la vita non è fatta solo di grandi risultati, di frizzi e lazzi, di giorni da leone. La maggior parte del tempo è popolato dallo stillicidio della regola e dello stile di vita quotidiano, elementi che fanno la vera differenza per noi tutti, senza dimenticare che la vostra intelligenza ed il bagaglio di conoscenze empiricamente acquisito non potranno mai essere surrogate da algoritmi euglicemici costruiti a tavolino da chi è convinto di poter prevedere e programmare tutto. La tecnologia aiuta ma non basta, quindi è vietato abdicare, abbandonarsi passivamente ad altri o ad altro: la responsabilità è in capo a noi stessi, tocca a noi tirare i fili del nostro diabete, non viceversa. Allora l’alleanza con il diabetologo si rivela strategica, rappresentando loro il nostro Terzo Occhio, lo (s)punto che c’è ma non si coglie: vedono ciò che noi troppo spesso non scorgiamo per troppa vicinanza (miopia) verso noi stessi e o per troppa stanchezza di noi stessi e della nostra routine, che si palesa sovente letale per la nostra forza di volontà. Il medico che non ascolta e non consiglia, ma vi giudica, non è un buon medico, così il paziente che non si fida e non si affida al medico per presunzione, o peggio, per accidia, non è un paziente che si prende sufficientemente cura di sé.
Coltivate quindi i sogni, condivideteli con coraggio, senza remore e ritrosie di sorta, dove con l’unione si fa la forza e si realizzano le imprese più impensabili! Sono certo che ciascuno di Voi abbia un sogno gelosamente custodito nella propria fantasia.
Unione e comunione, fil rouge che costantemente si ricrea ad ogni Diabtrekking: comunione d’intenti, di fatiche e sudori, di entusiasmi e anche di comune sentire.
Tralascio qui volutamente l’etimologia di comunione nell’accezione religiosa cattolica che identifica l’eucarestia, ma con la parola C O M U N I O N E posso tentare di esprimere una sintesi di dieci anni di esperienze e di sforzi, di modi di essere e di libero pensiero che hanno voluto (e forse saputo) perseguire un interesse superiore che è il bene comune di Voi ragazzi attraverso la realizzazione dei Diabtrekking.
La formula magica del Diabtrekking può spiegarsi anche nell’affinità elettiva alla base del coacervo di anime, di persone e di personalità, di professionalità, di competenze e di passioni che, in modo transgenerazionale, ascendono e discendono la scala dei saperi a seconda dei casi e delle situazioni, in una perfetta alchimia e miscellanea di ruoli con dinamici passaggi di testimone.
Ragazzi la cima più bella è sempre la prossima, da raggiungere con cuore ed un pizzico di follia e ricordatevi che basta un calcio e ripartire quando la demotivazione s’insinua … proprio come canta Morandi-Jovanotti nel tormentone estivo del 2021!
Mentre uno dei partecipanti Flavio Viaretti ringrazia l’associazione con una bellissima lettera:
Il Diab3king non sono solo tre giorni in montagna. È come immergersi nel verde della natura, è come volare sopra la normalità di una vita, è sentirsi così in alto da non voler più scendere. Andare In montagna è come un gioco infinito, una volta arrivato in cima, vuoi scendere per ricominciare a salire. Svegliarsi la mattina e guardare fuori dalla finestra non vedendo nulla, perché una nuvola avvolge l’intero rifugio. Sapere di trovarsi tra le nuvole, quelle alte nuvole che da casa solo gli aerei toccano, poterle abbracciare e sentire, vederle passare davanti ai tuoi occhi. Nessuna fotografia potrà mai rendere questa sensazione reale perché solo con i propri occhi ci si potrà rendere conto di come le piccole e scontate cose ci possano far sentire speciali. I fiori nascosti nell’erba, le cime racchiuse nella nebbia, gli animali sfuggenti sui pendii. La fatica, lo sforzo, i muscoli stanchi, non sono nulla paragonati ai risultati. Il primo giorno eravamo immersi nel verde, circondati solo dai suoni degli animali e dai profumi della natura. Lo scrosciare dell’acqua era la colonna sonora che ci accompagnava. Il secondo giorno nemmeno il mal tempo è riuscito a fermarci e la nebbia che ci impediva di vedere ha solo reso il paesaggio finale più spettacolare. La sera le luci gialle, rosse, arancioni… di mille e più colori delle case illuminavano la vallata circondata dal buio e da scuri pendii. Il terzo giorno i muscoli minacciavano crampi e le spalle non sopportavano più lo zaino, ma nessuno davanti alla lunga strada verso il monte Tibert (2647 m) ha esitato; tutti erano sordi a ciò che dicevano i muscoli e la fatica occupava solo un piccolo spazio nel nostro zaino rispetto alla voglia di arrivare lontano, più in alto di tutti. La vetta era l’unica scampata alle nuvole e alla nebbia ed esse hanno solo reso più incredibile lo spettacolo dei paesaggi. La promessa che ci eravamo fatti era stata mantenuta, nessuna fatica o sforzo poteva ricompensare pienamente quella vista favolosa. Nessuna fantasia avrebbe potuto neanche fiorare il panorama. Eravamo SOPRA LE NUVOLE, sopra centinaia di teste di persone che vivevano la loro vita e allungando la mano sfioravi una massa bianca che solo le ali dei nostri sogni avevano potuto toccare fino ad allora. Ma non è stata l’unica ricompensa: il cibo non era da meno. Non scorderò mai quella polenta, quello strudel, per non parlare delle colazioni con le crostate fatte in casa o dei pranzi con panini più grandi delle nostre bocche. Niente ci ha potuto fermare, nemmeno la nostra malattia, che è stato un ingrediente fondamentale nella ricetta per il nostro successo. Queste parole possono solo sfiorare ciò che davvero si prova perchè il diabete non impedisce a nessuno di provare emozioni come queste.