Conviviamo da un anno con il Covid capace di sconvolgere le nostre vite e l’assetto mondiale. Abbiamo parlato con il Professor Guido Chichino responsabile del reparto Malattie Infettive dell’Ospedale di Alessandria.
Cosa ha imparato la scienza in un anno?
Ha imparato socraticamente di non sapere. Sono tante le cose che ignoravamo. I coronavirus, i virus del raffreddore, sono stati sempre la Cenerentola poiché apparentemente innocui. Non ci siamo preoccupati più di tanto pur sapendo che essendo ad RNA sono complicati e mutano e infatti è successo. Ricordo ancora il primo caso era esattamente il 24 febbraio; eravamo già in allarme e controllavamo i pazienti cinesi che arrivavano al pronto soccorso ma il primo caso ci fece capire che ormai il virus era tra di noi.
A un anno di distanza qual è la cura?
Non esiste una cura vera e propria, abbiamo capito che il pericolo è dovuto alla tempesta di citochine che si scatena e quindi all’infiammazione. Ora sappiamo che non servono gli antibiotici e che dobbiamo immediatamente dare cortisone ed eparina per evitare le conseguenze trombotiche. Cerchiamo anche di evitare il più possibile l’intubazione perché la rianimazione lascia segni e danni a lungo termine.
E gli anticorpi monoclonali?
Ottimi ma vanno somministrati all’inizio della malattia e ciò significa che il tracciamento e la diagnosi sul territorio deve essere tempestiva e ciò non sempre avviene con tempi ottimali.
La preoccupano le varianti?
Il virus fa il suo mestiere, muta e ce ne saranno tante di varianti, poi a un certo punto potrebbe inciampare, diventare innocuo o scomparire come per Sars 1 e Mers 2 oppure continuerà a vivere fra di noi. Avremo sviluppato gli anticorpi e un ‘ipotesi è che faremo i richiami dei vaccini man mano che muta come per l’influenza. Al momento sembra che i vaccini ci proteggano da queste varianti che hanno un potere di diffusibilità superiore; i dati a cui dobbiamo fare attenzione sono quelli dell’ospedalizzazione, dobbiamo contenere l’incidenza e il tasso di ospedalizzazione, appunto, per la tenuta delle strutture.
Com’è la situazione ad Alessandria?
Al momento è sotto controllo, abbiamo pazienti covid soltanto nel mio reparto.
Come possiamo proteggerci dalle varianti?
La prevenzione è sempre la stessa: evitare assembramenti, indossare la mascherina e soprattutto curare l’igiene delle mani; tante sono le malattie infettive che passano attraverso le mani e nel caso del Covid bisogna anche fare attenzione all’uso dei bagni, se ne parla poco, ma questo virus ha una carica enterica considerevole. Indossare la mascherina serve ad evitare di ammalarsi in genere: infatti, ha evitato l’epidemia di influenza e, nessuno ci ha fatto caso, non c’è stato neanche un caso di meningite. Quindi, anche se la situazione probabilmente andrà verso un miglioramento generale anche per l’arrivo della bella stagione e dell’avanzamento della campagna vaccinale, continuiamo a restare prudenti e previdenti.
I vaccini e le reazioni ad essi cosa significano?
Una reazione con sintomi passeggeri ha un aspetto positivo soprattutto in un vaccino come quello di Astra Zeneca cioè con un vettore tradizionale, per i vaccini a RNA messaggero l’ideale sarebbe stata un’analisi sierologica per vedere se il soggetto era già entrato in contatto con il virus ma è impossibile agire in tal senso durante una pandemia.
Perché ha fatto l’infettivologo?
In un certo senso per affinità territoriale con il mio maestro Rondanelli di Pavia, sapevo che era una branca “negletta” di malattie “neglette” ma le più diffuse al mondo.
Fino ad un anno fa gli infettivologi erano tutt’altro che famosi, si sarebbe mai aspettato di dover gestire una pandemia?
Può sembrare strano ma un po’ me l’aspettavo e ricordo ancora quando specializzando partecipai a un’esperienza di guerra batteriologica con le tute di contenimento, un anno fa quando tutto cominciò mi sentivo pronto.
Fausta Dal Monte