Si è aperto con successo il Festival delle Medical Humanities che nella prima giornata, dedicata alla rappresentazione della salute, ha regalato agli spettatori molte emozioni nel ripercorrere le tante fasi dell’emergenza da Covid-19 da diversi punti di vista.
Dopo i saluti istituzionali di Giacomo Centini, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, Roberto Barbato, Prorettore dell’Università del Piemonte Orientale, Antonio Maconi, Direttore del Centro Studi Cura e Comunità per le Medical Humanities, e Roberta Lombardi, Docente di Diritto Amministrativo del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali UPO, l’incontro è entrato nel vivo con l’intervento “Scienza e Umanesimo: intermediazione” di Michele Rosboch, Presidente IRES Piemonte. “Intermediazione significa interazione tra le istituzioni – ha spiegato Rosboch che è anche docente di Storia del Diritto all’Università di Torino – ma questi assetti istituzionali sono profondamente condizionati dalla storia delle idee e a sua volta l’aspetto giuridico condiziona il farsi del pensiero. Esistono quindi due livelli di intermediazione: il primo tra l’evoluzione scientifica e l’evoluzione umanistica e il secondo è costituito dell’interazione tra le istituzioni, alla cui alla base troviamo sicuramente l’Università, perno delle conoscenze”.
L’aspetto più teorico di questo rapporto si è poi concretizzato visivamente nelle immagine scelte dal critico d’arte Luca Panaro, docente all’Accademia di Brera, che ha parlato di “Fotografia e Rappresentazione del Covid-19” a partire dalla sintonia con il mondo della scienza che da sempre gli artisti hanno cercato di creare e che in questo periodo di emergenza è emersa in modo evidente. “Sono stati numerosi i tentativi di rappresentazione del Covid, tutti riconducibili al bisogno di domare attraverso l’immagine qualcosa che ci fa paura, rendendo così visibile ciò che è invisibile. L’immagine del virus è addirittura diventata familiare per noi, soggetto costante dei giornali, dei talk show televisivi e dei social, ma anche di molti artisti, illustratori e fotografi che hanno affrontato il tema da molti punti di vista, con ironia, sincero affetto e gratitudine nei confronti degli operatori sanitari e infine attenzione ai bisogni dei bambini, trovando anche un legame con gli argomenti che fino a poco tempo prima erano alla ribalta come l’ambiente”.
Una carrellata di immagini che hanno portato gli spettatori dritti all’ultimo intervento a tre: “Sulla narrazione ai tempi del Covid-19: emozioni sui social con scrittura e immagini”. Il contributo di Lele Gastini, illustratore alessandrino e Sergio Macciò, medico e autore del libro “Diario di bordo”, moderati e supportati dall’esperienza di Giorgio Bellomo, UPO Alumni, è stato infatti determinante per comprendere come il racconto di quanto vissuto sia stato fondamentale per affrontare e superare questo triste periodo, creando anche un legame comunitario. “Non sapevo quando sarebbe finito tutto questo – ha ricordato Gastini – ma il 10 marzo ho cominciato a raccontare attraverso i miei disegni i fatti convulsi e così assurdi della giornata e senza accorgermene avevo cominciato un diario su Instagram, un progetto più grande di me forse”. “Io invece ho iniziato a pubblicare il primo post su Facebook – ha aggiunto Macciò – per informare i cittadini su cosa stava succedendo all’Ospedale di Vercelli che improvvisamente si era dovuto chiudere in se stesso. In poco tempo però ci siamo trovati a rispondere noi alla domanda “Come sta?” che ci ponevano i nostri pazienti attraverso i social e ho capito che non potevo fermare questo flusso che è diventato un diario di 80 giorni di lavoro, emergenza e paure ma anche grande umanità e solidarietà”.