L’Italia è un Paese di anziani, Alessandria è una città di anziani e la geriatria è la medicina del presente e del futuro. Abbiamo incontrato il direttore del reparto di Geriatria dell’ospedale SS Antonio e Biagio e C. Arrigo, Aldo Bellora.
La gestione in generale della pandemia è stata un successo o un fallimento?
Con il senno del poi tante cose potevano essere diverse ma non sapevamo nulla, la risposta organizzativa è stata eccezionale grazie all’impegno di ciascuno, con turni suppletivi e partecipazione. Abbiamo capito che ci dovevamo sostituire anche ai familiari perché la solitudine fa male e la vicinanza è una vera e propria cura, ci siamo organizzati e siamo riusciti anche con gli strumenti propri a non recidere un collegamento con le famiglie usando tablet e smartphone. Devo davvero ringraziare tutti i miei collaboratori che hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, con spirito d’iniziativa e di corpo, oltre il dovere, come esseri umani che hanno condiviso qualcosa di terribile ed inaspettato.
Tanti i morti nelle RSA, un anziano vive meglio a casa o in una struttura?
E’ dimostrato in letteratura che lo spostamento di un anziano in un ambiente diverso dal proprio crea disturbi cognitivi e di umore, finché si può, la scelta ideale è la propria famiglia, l’affetto è una vera e propria cura; in Emilia Romagna, per esempio, si è creata una continuità assistenziale che permette all’anziano di restare nel proprio ambiente. Non sempre questo è possibile e certamente le strutture si sono evolute; la pandemia ha sorpreso tutti ma ora ci sono protocolli di sicurezza molto efficaci.
La pandemia come ha influito sulla psiche degli anziani?
Paradossalmente meglio che sui giovani. In reparto ho sempre visto rispettare senza lamentarsi le regole e anche fuori gli anziani sopportano maggiormente i sacrifici forse perché nelle loro vite hanno dovuto farne tanti. C’è un’accettazione diversa e più consapevole e ben comprendono che non è il momento di socializzare.
Il futuro sono le cure domiciliari?
La rete di assistenza domiciliare è fondamentale e sicuramente va potenziato il territorio non soltanto per il momento che stiamo vivendo ma anche per la gestione del malato in tempi normali. Anni fa il professor Fabris delle Molinette di Torino creò un piano di ospedalizzazione a domicilio che si rivelò ideale; chiaramente, però, tutti conosciamo le ataviche carenze di organico e in un futuro a lungo termine bisognerebbe rimodellare tutto il sistema.
Il reparto da lei diretto come ha vissuto il Covid?
Alessandria ha una media di 80enni fra le più alte d’Italia e il reparto di geriatria è strategico per tutta la comunità. Abbiamo continuato a lavorare e abbiamo supportato i pazienti Covid calcolando che un anziano è in genere portatore di comorbidità. Siamo riusciti a mantenere il controllo delle infezioni ospedaliere grazie anche al fatto che abbiamo un doppio accesso, quindi siamo riusciti ad essere operativi anche nei momenti più bui.
Cosa ha insegnato il Covid?
Come medico e come uomo l’insegnamento che rimane è che soltanto tutti insieme con una comunione di intenti e di obiettivi ce la faremo, il voler prevalere gli uni sugli altri non funziona, diciamo che il Covid ci ha dato una lezione di umiltà. Quando abbiamo dovuto vivere i decessi dei pazienti ci siamo sentiti impotenti e abbiamo condiviso la loro solitudine, abbiamo avuto conferma che soltanto l’amore vale davvero la pena.
Siete in attesa di un nuovo direttore sanitario, cosa si augura?
Innanzitutto voglio ringraziare pubblicamente il dott. Centini, con lui siamo cresciuti ed è cresciuto l’ospedale, avere un’università con la facoltà di Medicina e vedere gli studenti in corsia significa tanto, significa guardare avanti, alla ricerca; inoltre la Carta Regionale dei Servizi ci facilita il lavoro e ne beneficiano i cittadini; la via è tracciata e spero che il prossimo direttore prosegua nella continuità di quanto fatto migliorando quanto già acquisito.
Fausta Dal Monte