E’ morto ieri a Bergamasco, paese di 750 abitanti al confine con la provincia di Asti. Aveva 90 anni, Carlo Leva, e viveva nel ‘Castello’ del paese, struttura di proprietà in cui diede vita ad un “Museo del Cinema” esponendo molti dei costumi e delle scenografie realizzati nella sua vita di scenografo, legati soprattutto ai film ‘spaghetti western’ di Sergio Leone.
Nato proprio a Bergamasco il 27 febbraio 1930, si trasferì a Genova e, da studente del liceo artistico, fu assistente volontario delle riprese del film “Le mura di Malapaga” (’49), con Isa Miranda e Jean Gabin e la regìa di René Clément. Lì, in quell’occasione, ebbe la folgorazione decisiva: voleva fare cinema, come scenografo. Si iscrisse ad Architettura e negli anni a seguire la RAI, che cercava collaboratori, indisse un concorso per 3 borse di studio per residenti fuori Roma: Leva ne vinse una. Approdato nella capitale, studiò scenografia, costume, arredamento, tecnica pubblicitaria, critica estetica, ed iniziò a lavorare progettando le scenografie di alcuni ritrovi di tendenza della ‘Dolce Vita’: “Grotte del Piccione”, “El Rancio Grande”, “II Broadway Club”, “La Nave” di Fregene.
Nel ’60 fece il salto nei caroselli pubblicitari, poi fu aiuto-scenografo di “Sodoma e Gomorra” (’62), dove conobbe Sergio Leone, di 1 anno più grande, reduce dalle riprese di “Quo Vadis” e “Ben Hur” come assistente-regista. Lì nacquero l’amicizia e il sodalizio che portarono, con Leone regista e Leva scenografo, a pellicole come “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più”, “Il buono, il brutto, il cattivo” e “C’era una volta il West”.
Allora, in quel periodo, diventò importante e riconosciuto.
Poi collaborò con altri grandi personaggi del cinema, ma soprattutto divenne titolare del reparto scenografia della ‘Titanus’, girando 120 pellicole e viaggiando in tutta Italia, Jugoslavia, Spagna, Grecia, Libia, Stati Uniti, America Latina, Russia e Mongolia.
Gli anni buoni gli consentirono l’acquisto del castello di Bergamasco, dove depositò tutte quelle sue scenografie che altrimenti sarebbero finite al macero, e negli anni, piano piano, le rimise in ordine e le espose, creando nel suo castello il suo ‘Museo’.
Voglio concludere questo suo ricordo con le parole che un amico, Claudio Braggio, mi ha fatto pervenire: “Con Carlo ho avuto modo di lavorare come aiuto-scenografo nell’84 in occasione di una particolarmente elaborata ‘esterna’ di “Fantastico”, prodotto dalla Rai, interamente ambientata nel Teatro Comunale di Alessandria. Un’occasione preziosa che mi fece comprendere quanto fosse faticoso il mestiere di cineasta, affrontato con uno scenografo che, alle indubbie qualità, affiancava abnegazione e serietà professionale.
Il valore di un lavoro ben fatto costa fatica fisica e molte ore di impegno, che però in quel caso regalarono a milioni di persone un evento di svago intelligente ed accurato”.