Con la scomparsa di Pino Daniele se n’è andato un altro esponente della cosiddetta ‘generazione di mezzo’ dei cantautori. Non più quella dei De André, Gaber, Dalla, Battisti, Lauzi, Endrigo, Bindi, Tenco, Herbert Pagani, Piero Ciampi, Bertoli (tutti nati tra la fine degli anni ’30 e l’inizio dei primi anni ’40), bensì della generazione immediatamente successiva. Il primo era stato Rino Gaetano, l’anticonformista autore di brani com Gianna e Nuntereggae più, scomparso prematuramente a soli 31 anni per un incidente stradale. L’elenco potrebbe però proseguire con Ivan Graziani (il Chitarrista – per citare uno dei maggiori successi insieme a Lugano Addio – era nato nel 1945, ma idealmente appartiene al gruppo di cantautori che, con qualche anno meno di lui, ebbero grande successo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio succesivo), Andrea Parodi (l’ex voce solista del gruppo sardo Tazenda) e, più recentente con Claudio Rocchi (il cantautore di Viaggio e Volo magico n° 1, nonché conduttore radiofonico), Mango (l’autore di brani come Lei verrà e Oro è scomparso infatti lo scorso 7 dicembre), fino ad arrivare, appunto, a Pino Daniele. Perdite molto forti, non c’è che dire, anche se le musiche di tutti questi cantautori, paraddosalmente (e, si aggiunga, fortunamente) possiedono la magia di non invecchiare mai e di restare sempre attuali, nonostante il tempo scorri inesorabile. E infatti, nell’immaginario collettivo, Pino Daniele (nella sua doppia immagine – quella degli esordi, con capelli ancora neri folti al vento e quella più matura, con taglio più corto e pizzetto “di tendenza” -) continuerà a portare sempre alta la bandiera del ‘Neapolitan Power’, quel magico punto di incontro di sonorità e culture anche molto diverse tra loro.
Gianmaria Zanier