Da Pirandello a Buzzati, da Guareschi a Thomas e l’indimenticabile Dickens
Anche gli scrittori atei sono andati oltre l’iconografia
La letteratura pullula di racconti, poesie e storie dedicate al Natale. La cultura occidentale, da sempre, riproduce la ripetizione del miracolo della nascita del Cristo anche quando il cristianesimo si poteva professare solo nelle catacombe (ma la persecuzione dei cristiani esiste anche al giorno d’oggi). Il presepe, riproduzione del piccolo villaggio in Palestina ove si compì il destino dell’Uomo, è ancora oggi espressività artistica ma anche devozione verso la sacra mangiatoia. Gli autori italiani hanno affrontato in svariati modi questo momento. In un breve escursus troviamo tutti i grandi, da D’Annunzio al Manzoni, da Pascoli a Pirandello, da Gozzano ad Ungaretti intenti a celebrarlo in forma religiosa o come evento socio-culturale, in forma di dialogo, di narrazione fantasiosa, di visione onirica. Luigi Pirandello ne “Il Sogno di Natale”, immagina l’incontro con Gesù che la notte di Natale vaga alla ricerca di un’anima che lo accolga per tornare sulla terra. Dino Buzzati con il suo “Racconto di Natale” ci regala una storia commovente, educativa e facilmente ambientabile ai giorni nostri. Il povero don Valentino nel fervore della preparazione della cattedrale per l’arcivescovo, allontanta un poverello venuto a vivere la presenza di Dio. Nello stesso momento Dio scompare dalla Chiesa salvo poi ritrovarLo in una modesta chiesa di campagna dove l’arcivescovo sta officiando la Santa Messa lontano dai fragori dell’esteriorità natalizia.
Spostandoci all’estero non si può non citare Charles Dickens che con “Canto di Natale” racconta al mondo, l’impossibile conversione dell’arido e tirchio Ebenezer Scrooge illuminato da tre spiriti di Natale che gli fanno riscoprire sentimenti di amore e condivisione del tutto sepolti nella sua anima. Il gallese Dylan Thomas rievoca il Natale nelle sue memorie d’infanzia: un Natale fatto di neve, di uomini che pattinano e poi vengono inghiottiti dal ghiaccio, di pasticcini e tradizioni rigorosamente rispettate. Non c’è molto di religioso nei racconti di quest’anima tormentata. Eppure, nonostante l’assenza di riferimenti specifici, la poesia stessa che avvolge queste immagini, la ricerca inconsapevole di qualcosa di pulito, di sano, di vivo, che si leghi al Natale, finiscono per assumere un significato religioso che va oltre l’iconografia convenzionale. Per tornare in Italia, Giovannino Guareschi, indimenticato autore di “Don Camillo”, affronta il Natale in modo scherzoso attraverso le poesiole che i bambini di ogni scuola devono memorizzare e che, dato il timbro di voce dei suoi figli, un intero quartiere si trova a dover imparare. L’appuntamento annuale che i genitori conoscono fin troppo bene, diventa un quadretto di focolare domestico d’altri tempi che trasmette il calore tipico delle settimane che precedono il Natale tanto più commovente in quanto l’autore lo scrisse in un campo di concentramento in cui era internato nel Natale del 1944 dove al posto dei fiocchi di neve cadevano scariche di mitra.
Sagida Syed