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Allora faceva rima con “conviviale” adesso sempre e troppo con “comprare”

“Alla Messa andavano tutti, anche i comunisti di Guareschiana memoria”

Il Natale prima degli iPhone, del web, della tecnologia, dei pranzi al ristorante, delle tv satellitari, prima che diventassimo scontatamente e freddamente moderni, prima del Natale che fa rima con comprare, c’era un Natale che rimava con “conviviale”; così, per riscoprire quella festività che sembra così lontana dall’attuale ho preso sotto braccio mia nonna Teresa, classe 1930 e mia zia Marisa, classe 1953 e mi sono fatto raccontare da loro com’era.
“La sera della Vigilia” – racconta mia zia – “era consuetudine viverla con i vicini, non si faceva un vero e proprio cenone, ognuno portava qualcosa, ma l’importante era passare un po’ di tempo assieme; dopo mangiato i bambini giocavano tra loro e gli adulti giocavano a carte. Poi, quando era ora, si andava in chiesa: la Messa di Natale era molto più solenne e sentita di oggi, vi partecipavano anche le persone non particolarmente religiose ed i comunisti più convinti. Era un momento importante per la comunità, e chiunque si sentiva in dovere di presenziare per rispetto”.
NATALE-IERI-02Interessante anche la logistica delle provviste per il pranzo del 25: “Ùièra nò l’Eselunga! (non c’era l’Esselunga)” – specifica mia nonna, madrelingua dialetto, basi di italiano – “Il pranzo era come quelli che van di moda adesso… a km zero!” – prosegue Marisa – “I prodotti estivi dell’orto venivano conservati sott’olio o sotto aceto, trasformati in conserve: i peperoni con l’acciuga, tipici della zona, coloravano la tavola; gli agnolotti venivano fatti rigorosamente in casa, a mano. Il cappone proveniva da una cascina di fiducia e l’odore del brodo bollente riscaldava la cucina, sul tavolo spiccavano i frutti caramellati della mostarda”.
Capitolo regali: modalità di richiesta e di gestione della stessa: “A scuola preparavamo la letterina con cura, esibendoci in bei caratteri e usando una carta più elegante, adatta alle feste; il giorno di Natale la riponevamo sotto il piatto del genitore”- e negli occhi di mia zia rivedo la speranza che caratterizzava il momento; penso che nella richiesta fossero molto più diretti, escludendo, di fatto, dalla transazione, il famigerato Babbo Natale.
Gestione della richiesta: “Chiaramente le nostre letterine rimanevano tali” – sorride -“i regali solitamente consistevano in cose utili, cose da utilizzare tutti i giorni, magari un capo d’abbigliamento più pesante, o qualcosa per la scuola; nella calza della Befana invece mandarini, immancabili, mandarini, noci e qualche moneta dorata di cioccolato”. C’era anche l’albero di Natale, ma “ùièra nient’ansima” (era scarno)!

Nicholas Capra

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