Approda finalmente nelle nostre sale in questo weekend di metà dicembre Lontano da qui (il titolo originale inglese, The Kindergarten Teacher, rende in maniera decisamente migliore della sua traduzione italiana il tema del film) della regista Sara Colangelo, remake dell’omonimo film dell’istraeliano Nadav Lapid (2104) e già passato in visione in numerosi festival internazionali, dal Sundance di Robert Redford, dove è stato premiato per la miglior regia, al Toronto Film Festival, al recente Festival del cinema di Deauville. Bravissima e molto promettente l’italo-americana Colangelo, alla sua opera seconda dopo Little Accidents, inedito in Italia, nel trattegiare in maniera delicata ma puntuale e profonda il ritratto di Lisa Spinelli (Maggie Gyllenhaal in una delle sue migliori prove), insegnante in un asilo, madre e moglie (un marito affettuoso ma non troppo presente, neppure a livello emotivo; due figli non troppo in linea con la particolare materna visione dell’esistenza), appassionata, oltre ogni ragionevole dubbio, di poesia e bellezza, capace di riconoscerle nel quotidiano così come nei suoi piccoli allievi. E’ così che Lisa intuisce in uno di loro, Jimmy (Parker Sevak), un talento precoce, raro, unico nel suo genere e – forse più per gratificare le proprie necessità interiori, decide di aiutarlo, sino a rasentare l’ossessione, a coltivare il suo genio. Film elegiaco e un po’ nostalgico sulle illusioni e speranze di una donna frustrate dal tempo e dalle circostanze di vita, con – a tratti – l’andamento di un thriller e un finale sorprendente, Lontano da qui è un felice connubio di buona resa estetica e narrativa, da non perdere in mezzo alla marea di uscite pre-natalizie di questo periodo.
Anche Il testimone invisibile di Stefano Mordini è un remake, del film noir spagnolo Contratiempo del regista Oriol Paulo (2016). Si tratta di un buon thriller, ben scritto e diretto, ambientato a Milano e dintorni: luogo d’elezione e sfondo ideale per numerose pellicole italiane del genere (vedi, solo per citare un titolo fra i tanti, Sotto il vestito niente di Carlo Vanzina (1985), in cui si aggira un’ambigua e contradditoria fauna umana ruotante intorno ad Adriano Doria (Riccardo Scamarcio), imprenditore rampante, ancora giovane, bello, ricchissimo e spregiudicato, con moglie, figlia e amante al seguito. Un brutto giorno, però, Laura (Miriam Leone), il suo amore clandestino, viene trovata morta, assassinata, e lui accusato dell’omicidio. Per evitare una durissima condanna l’unica via d’uscita è rivolgersi a Virginia (Maria Paiato), avvocatessa penalista di grido. La verità, però, non è una conquista semplice o immediata: un lungo e complesso cammino attende Adriano e Virginia, sino alla sconvolgente rivelazione finale. Insieme allo sceneggiatore Massimiliano Catoni Mordini costruisce una trama a effetto, non deludente né scontata, avvalendosi di un cast di attori specializzati nei ruoli di contorno all’altezza del testo. Rovina la resa generale soltanto l’eccessiva prolissità di alcuni dialoghi: il meccanismo narrativo può, a prima vista, parere banale, ma è quello delle scatole cinesi e conduce a livelli di complicazione sempre maggiori, mantenendo alta l’adrenalina.
Barbara Rossi