Con la lenta ma progressiva riapertura delle sale cinematografiche la programmazione di fine estate inizia a offrirci qualche sporadico titolo degno di interesse: iniziamo in questo fine settimana con Hotel Transylvania 3: una vacanza mostruosa, sempre per la regia di Genndy Tartakovsky. Il regista americano, di origini russe (qui anche co-sceneggistore, insieme a Michael McMullers) insiste nel portare avanti con un ulteriore episodio la divertente saga vampiresca-familiare, ma, fortunatamente, non si tratta ancora di accanimento terapeutico. Originale nell’intento narrativo (raccontare il genere visto dalla prospettiva dei suoi principali esponenti, non “mostri” tout court, esseri diabolici e orribili come da tradizione, ma semplicemente altro rispetto agli umani, con monito finale secondo il quale e non a caso sono questi ultimi a rivelarsi i più temibili: stesso assunto su cui si basava, nel lontano, 1980, Il club dei mostri di Roy Ward Baker, con Vincent Price) e figurativo, con un tipo di animazione molto lontana da quella disneyana, Hotel Transylvania 3 si attesta come un ottimo prodotto di entertainment per famiglie e non, dall’approccio non banale e intelligente ad alcune tematiche chiave dei nostri tempi. La storia riparte da un momento di crisi di Drac (il conte Dracula, per sua stessa ammissione più papà single e apprensivo che vampiro, doppiato nell’originale inglese da Adam Sandler, in italiano dal nostro Claudio Bisio), proprietario di successo dell’Hotel Transilvania dove trovano ospitalità i mostri più acclamati, da i lupi mannari-genitori Wayne e Wanda, a Frankestein con la moglie Eunice, all’Uomo Invisibile; ora che la figlia Mavis (Selena Gomez/ Cristiana Capotondi) lo ha addirittura reso nonno del piccolo Dennis, la mancanza di una non-vita sentimentale inizia a farsi sentire. Su iniziativa di Mavis, quindi, che prenota per l’intero gruppo mostruoso una vacanza a sorpresa su di una nave-crociera che veleggia tra il Triangolo delle Bermude e la mitica Atlantide, inizia l’ennesima e rocambolesca avventura, con due personaggi new-entry davvero spassosi (soprattutto il secondo): Ericka, la seducente e ambigua comandante della strampalata ma lussuosa imbarcazione, e suo nonno Abraham Van Helsing, eterno cacciatore di vampiri ora in avanzato stato di de-composizione: finale magico, scoppiettante, a colpi di dj-set. Efficace e realistica resa di alcune tipiche dinamiche familiari, una neppure tanto velata critica alla politica dei club vacanze e del turismo di massa; infine, sopra tutto, il mai troppo affrontato tema dell’accettazione della diversità come risorsa: Hotel Transylvania 3 si conferma all’altezza delle aspettative iniziali, diverte e non delude.
Divertente e interessante anche la commedia leggera con sfumature fantasy Come ti divento bella del duo di sceneggiatori Abby Khon e Marc Silverstein (autori degli script di La verità è che non gli piaci abbastanza e Mai stata baciata), con protagonista Amy Schumer, star dell’omonima serie americana trasmessa sul canale Comedy Central e già vista al cinema nel 2015 in Un disastro di ragazza di Judd Apatow. Renée (la Schumer), trentenne in carriera newyorkese, intelligente curatrice del sito di un’importante ditta di cosmetici ma complessata a causa di un fisico da lei percepito come non adatto a reggere la competizione con quello delle colleghe supersexy, in seguito a un banale incidente con leggera commozione cerebrale vede cambiare radicalmente la sua vita. All’improvviso si trasforma la prospettiva su se stessa: per la prima volta, pur non essendo dimagrita neppure di un etto, Renée si vede bella, in gran forma e seducente. Il successo non tarderà ad arrivare. Racconto sulle fluttuazioni dell’identità, pirandelliano in chiave comica ma non superficiale, con echi di pellicole epigoni quali l’ormai trentenne Big di Penny Marshall e Il diario di Bridget Jones, Come ti divento bella riflette in maniera scherzosa sui temi dello sguardo e dell’empowerment femminili, banalizzando un po’ l’approdo finale eppure riuscendo a mantenersi a galla a livello narrativo e a non sfigurare nei confronti degli illustri predecessori.
Barbara Rossi