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Definita l’ultima diva dell’epoca d’oro di Hollywood, Betty Jane Perske, in arte Laureen Bacall, venuta al mondo il 16 settembre 1924 in una famiglia di ebrei polacchi emigrati in America, iniziò a farsi notare, negli anni Quaranta, calcando le scene di Broadway e posando per la celebre rivista di moda Harper’s Bazaar: fu la moglie del regista Howard Hawks, Nancy “Slim” Keith, a notarla, chiamandola per un provino che le fruttò il ruolo da protagonista in To have and have not, in italiano Acque del sud (1945).

Sul set la diciannovenne Laureen incontrò colui che per dodici anni, sino alla morte, sarebbe rimasto suo marito, con il quale avrebbe avuto due figli e che avrebbe sempre ricordato come l’unico amore della sua vita: l’affascinante e già affermato Humphrey Bogart.

La coppia comparve anche nell’altro capolavoro di Hawks, Il grande sonno (1946), tratto dal romanzo di Raymond Chandler, in La fuga di Delmer Daves, l’anno seguente e in L’isola di corallo di John Huston (1949).

Di Bogart l’attrice amava sottolineare la sua assoluta onestà: «Diceva sempre quello che pensava. ‘Maledizione’ – diceva sempre ‘se non vuoi sentirti dire la verità, non me la chiedere’».

La Bacall ha girato, nel corso della sua lunga carriera conclusasi nel 2012, due anni prima della sua scomparsa, una cinquantina di film, spaziando tra i generi e i registi più diversi: dal Vincente Minnelli di La donna del destino (1947) al John Negulesco di Come sposare un milionario, con Marilyn Monroe (1953), dal Lumet di Assassinio sull’Orient Express (1974) al Don Siegel de Il pistolero (1976).

Nel 1996 arrivò la candidatura all’Oscar, come miglior attrice non protagonista nel film di Barbra Streisand L’amore ha due facce, mentre l’ambita statuetta alla carriera le venne tributata solo nel 2009.
Sul grande schermo Laureen Bacall ha incarnato una femminilità calda, avvolgente e sensuale (una sua caratteristica era la voce roca), ma allo stesso tempo forte e dominatrice, sicura delle proprie doti e mai remissiva, che Howard Hawks in particolar modo seppe far emergere ed esaltare, affidandole ruoli di eroina ambigua e sofisticata.

Il suo divismo fu, dunque, del tutto atipico e inconsueto nel panorama del cinema classico hollywoodiano, bilanciato anche dall’impegno politico (la Bacall abbracciò sempre un orientamento liberale e negli anni Cinquanta lavorò nella campagna presidenziale in favore del candidato democratico Adlai Ewing Stevenson) e da una riservatezza assoluta nella conduzione della sua vita privata.

Fedele a se stessa, come serena nell’accettare lo scorrere del tempo sul proprio corpo di star, una volta disse: «Penso che l’intera vita si mostri sul proprio volto, e si dovrebbe essere orgogliosi di questo».

Barbara Rossi

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