In questo primo, torrido weekend di agosto, la programmazione cinematografica nelle nostre sale non ha, come prevedibile, in serbo particolari sorprese, horror freschi di uscita a parte, per gli appassionati del genere. Segnaliamo, tuttavia, nella penuria di titoli generale, due pellicole interessanti.
Annabelle 2 – Creation, di David F. Sandberg (già autore di Lights Out – Terrore nel buio) costituisce lo spin-off di L’evocazione – The conjuring, oltre che il seguito-prequel di Annabelle (2014). Campione d’incassi al botteghino questo fine settimana, il film ritorna indietro, alle origini del male, raccontando la tragica vicenda di Samuel Mullins (Anthony LaPaglia), ottimo artigiano delle bambole, che vive in letizia con la moglie Esther (Miranda Otto) e la figlia Bee (Samara Lee). Disgraziatamente, in seguito a un incidente avvenuto all’uscita dalla messa, Bee perde la vita. Dodici anni più tardi a casa Mullins approdano suor Charlotte (Stephanie Sigman) e le sue due protette, Janice (Talitha Bateman) e Linda (Lulu Wilson). L’atmosfera in casa è sinistra, Esther vive appartata nella sua stanza, con una maschera che le cela metà del volto. Una notte Janice, trasgredendo alle regole domestiche, entra in una camera “proibita”, dove viene conservata una meravigliosa e, insieme, terribile bambola. Sarà l’inizio di un viaggio infernale. Pellicola narrativamente compatta, ben scritta e sceneggiata, Annabelle 2 – Creation si colloca nel già sfruttatissimo filone delle “evil dolls” (vedi Chucky, il bambolotto assassino costruito in serie protagonista di La bambola assassina di Tom Holland, 1988), ma con buona originalità e dinamismo creativo, dalle situazioni ai dialoghi, alle soluzioni stilistiche, ai giochi di luci e ombre che calano la storia in un’atmosfera nostalgica e sinistra. Nonostante il finale un po’ veloce il film si mantiene ad un ottimo livello, tale da superare il capostipite. Efficace l’intero cast, comprese le due ragazzine protagoniste, specialmente Thalita Bateman, nella polimorfa caratterizzazione di Janice.
Con Il permesso – 48 ore fuori, l’attore Claudio Amendola affronta la sua seconda opera cinematografica (dopo la commedia La mossa del pinguino, 2013), cimentandosi in un noir con risvolti sociali teso e complicato che dirige con mano ferma, pur con qualche eccesso e banalità di troppo. Rossana (Valentina Bellè), giovane spacciatrice di cocaina; Luigi (Claudio Amendola), cinquantenne in carcere da 17 anni per duplice omicidio; Angelo (Giacomo Ferrara), rapinatore; Donato (Luca Argentero), condannato anche se innocente. Il quartetto è in uscita con un permesso di 48 ore dal carcere di Civitavecchia: in questo tempo sospeso fuori dalla realtà detentiva ciascuno dei suoi componenti cercherà di ritrovarsi, chiudendo parzialmente i conti col passato, per ricostruire il futuro. Su sceneggiatura di Roberto Jannone e Giancarlo De Cataldo, Amendola immerge lo spettatore nelle storie private eppure collettive di quattro esseri umani con nulla in comune ma i cui destini finiscono per intrecciarsi strettamente, espressioni differenti del medesimo sottobosco sociale, liberamente ispirato a Suburra e dintorni. “È un film rigorosamente di genere – spiega Amendola – una categoria che negli anni recenti è stata ‘sdoganata’ anche in Italia ed è un film che mi rispecchia molto. È il cinema che mi piace vedere, ed è quello che volevo portare in scena. Mi piacciono, ad esempio, certi film stranieri di questo genere, americani o francesi, hanno una tradizione molto forte e questo mi fa sperare in una diffusione internazionale della nostra storia. Anche perché i nostri quattro personaggi escono dal carcere di Civitavecchia, ma la storia potrebbe essere ambientata in qualsiasi parte del mondo: le carceri esistono ovunque, così come esistono le dinamiche che i personaggi del racconto scatenano”. Importante, nel film, il ruolo della musica, non semplice accompagnamento ma elemento fondante, duramente espressivo. Sull’intero cast spiccano il personaggio e l’interpretazione di Luca Argentero, che si mette alla prova stravolgendo completamente fisico e modo di recitare. Una scommessa vinta.
Barbara Rossi