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E’ ancora nelle nostre sale in questo fine settimana di metà febbraio Moonlight di Barry Jenkins, basato sull’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney, che ha aperto la scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma. Il film, vincitore di un Golden Globe e candidato a ben otto premi Oscar, racconta con crudo realismo ma anche lirica bellezza la crescita e l’evoluzione di Chiron (Trevante Rhodes), un giovane afro-americano, dall’infanzia povera ed emarginata in una Miami di sbandati e bulli, abbandonato a se stesso da una madre tossicodipendente, quando i suoi coetanei lo chiamano Little; all’adolescenza, quando scopre la sessualità, la sua vera natura, l’amore per un ragazzo, e la ribellione al conformismo di una società intollerante, che lo conduce all’esperienza della prigione; all’età adulta, quando l’uomo che ama, Kevin (André Holland) lo ribattezza Black e impara a misurare insieme a lui le strade del mondo.
Una storia drammatica, ma autentica, senza abbellimenti o retorica: qualche momento che gira a vuoto, ma nel complesso un film la cui plurima candidatura all’Oscar è ampiamente meritata.

Scarso e con una sceneggiatura esile e stanca risulta, invece, Mamma o Papà?, di Riccardo Milani, versione italiana dell’omonima commedia francese, ma molto più riuscita, Papa ou Maman, diretta nel 2015 da Martin Bourboulon. Il film, che ricorda anche Ex di Fausto Brizzi (2009), con il tema dei genitori in lite perenne fra loro e per l’affido dei figli, racconta la vicenda tragicomica di Valeria (Paola Cortellesi) e Nicola (Antonio Albanese): entrambi affermati professionisti, sull’orlo della separazione, iniziano a farsi una guerra senza esclusione di colpi quando ricevono due allettanti offerte di lavoro dall’estero. I tre figli, un po’ bulli, un po’ vittime di questo gioco al massacro, rappresentano gli agnelli sacrificali e la posta in gioco di una libertà genitoriale pagata a carissimo prezzo. La pellicola non riesce a decollare, perennemente in bilico tra farsa e tragedia: i dialoghi sono banali, le situazioni stereotipate, neppure l’impegno della coppia Albanese-Cortellesi riesce a risollevare le sorti e la qualità di un’opera mediocre e superficiale.

Al Cinema Macalle’ di Castelceriolo arriva, quasi una prima visione, Un re allo sbando di Peter Brosens e Jessica Woodworth, i due documentaristi belgi che dopo La quinta stagione ci offrono una commedia degli assurdi, divertente e ai limiti del grottesco, che narra l’odissea per terra e per mare di Nicola III re del Belgio (Peter Van Den Begin), in visita ufficiale a Istanbul: quando dalla amata patria giunge la notizia della secessione della Vallonia, re Nicola è costretto a fare precipitosamente ritorno, ma con la sua corte viene bloccato da una tempesta solare. Cercherà, allora, di fare ritorno a casa prima unendosi a un gruppo di ballerine bulgare, poi cercando di attraversare l’Adriatico in maniera rocambolesca. La situazione estrema metterà in luce i limiti del ruolo e della figura del sovrano, il suo carattere e anche la sua fondamentale solitudine. Pellicola surreale, a tratti esilarante ma anche malinconica, Un re allo sbando riflette con ironia su crisi di popoli e paesi, tra Belgio, Balcani e Turchia, forte di una regia intelligente e sagace.

Barbara Rossi

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