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Elizabeth Taylor, ribattezzata non a torto “la diva dagli occhi viola” per la particolare sfumatura delle sue iridi – un verde azzurro con sfumature violacee – nasce il 27 febbraio 1932 nel sobborgo londinese di Hampstead Garden. A soli dieci anni la Taylor debutta nel cinema con una piccola parte in “There’s One Born Every Minute” e – messa sotto contratto con la Metro Goldwin Mayer – tra il 1943 e il 44’ gira due film di discreto successo, “Torna a casa, Lassie!” di Fred MacLeod Wilcox, e “Gran Premio” di Clarence Brown, grazie ai quali si fa notare per la precocità del suo talento.
Diventata una giovane donna, a partire dagli anni Cinquanta Elizabeth inizia a interpretare, con la sua bellezza bruna raffinata ma sensuale, ruoli femminili intensi e spregiudicati, anche se con un pizzico di latente fragilità: dalla Leslie de “Il gigante” di George Stevens, 1956, alla Susanna di “L’albero della vita” di Edward Dmytryk, 1957, sino ad arrivare alle due interpretazioni magistrali offerte nei panni rispettivamente di Maggie e di Katherine Holly in “La gatta sul tetto che scotta” di Richard Brooks, 1958, e “Improvvisamente l’estate scorsa” di Joseph L. Mankiewicz, 1959, entrambi tratti dai testi teatrali di Tennessee Williams.
Il primo Oscar arriva nel 1961 con il mediocre “Venere in visone” di Daniel Mann: la Taylor riveste il ruolo della prostituta d’alto bordo Gloria Wandrous.
Subito dopo la conquista dell’Oscar la Taylor sbarca sul set del kolossal “Cleopatra” di Joseph L. Mankiewicz, che esce sugli schermi nel 1963 rivelandosi uno tra i più sonori fiaschi della storia del cinema. A Liz, invece, la scrittura per il ruolo della “regina del Nilo” porta bene: riceve un compenso di un milione di dollari e, sul set, conosce l’attore inglese Richard Burton, con il quale intreccerà una relazione passionale e tormentata che avrà fine solo nel 1984, alla morte di lui.
Il secondo Oscar, invece, conquistato nel 1967 per il dramma “Chi ha paura di Virginia Woolf” di Mike Nichols, trova tutti concordi: l’alcolizzata Martha è uno tra i personaggi femminili più intensi cui l’arte della Taylor dà vita, travasando in esso la reale dipendenza dell’attrice da alcol e farmaci.
La vita di Liz sul piano personale è stata alquanto travagliata, sia sul piano della salute, funestata da problemi di ogni tipo, sia sul piano dei sentimenti, declinati nel corso di ben otto matrimoni. Tuttavia, “la diva dagli occhi viola” ha rappresentato per molte donne un raro esempio di energia e coraggio anche nelle avversità, di fede nei propri sogni: Lei stessa amava ripetere: «Ho sempre ammesso di essere governata dalle mie passioni».

Barbara Rossi

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