La centrale operativa 113 diramava alle volanti una nota di ricerca in merito ad una vettura Volkswagen Golf di colore rosso, targa straniera, con a bordo due persone, poiché un cittadino alessandrino aveva segnalato che due soggetti lo avevano avvicinato nei pressi del bar “Koela” cercando di convincerlo ad acquistare un telefono, ma l’uomo, accorgendosi che il dispositivo era probabilmente falso, decideva di allontanarsi e di allertare poi le Forze dell’Ordine, fornendo la descrizione dei due uomini e della vettura con cui si spostavano in città.
Poco dopo, in Corso Crimea nei pressi del Palazzo di Giustizia, una pattuglia dell’UPGeSP notava una vettura parcheggiata corrispondente alla descrizione , ma senza nessuno a bordo o nei pressi.
I poliziotti decidevano quindi di effettuare un monitoraggio della zona e dopo alcuni minuti notavano un uomo, in seguito identificato per A. M. L. nato in Romania nel 1986, ivi residente, il quale stava percorrendo Corso Crimea lato giardini dirigendosi verso la macchina segnalata e poiché corrispondeva in pieno alla descrizione del primo soggetto procedevano al suo fermo ed alla sua identificazione; l’uomo esibiva un documento di identità rumeno e riferiva di essere giunto in città in treno per cercare un lavoro nel capoluogo, ma la versione fornita sembrava quantomeno vaga e una volta messo alle strette, dalle domande incalzanti degli agenti, estraeva dalla tasca del giubbotto un recente modello di smartphone marca Samsung ammettendo che stava cercando di venderlo per racimolare qualche soldo.
Nel contempo un altro equipaggio, appostato in zona stazione ferroviaria, notava un uomo corrispondente alla descrizione del secondo soggetto, che usciva dall’atrio della stazione e mescolandosi nella folla si dirigeva verso i giardini; l’uomo, dopo aver attraversato la strada, si inoltrava in mezzo ai giardini in direzione del Tribunale e ad un certo punto, notando il controllo di polizia di fronte a sé, si fermava dietro ad un albero osservando a distanza quanto stesse accadendo all’amico. Poco dopo gli agenti che lo pedinavano lo hanno sorpreso, e anche lui, una volta identificato per D.M., nato in Romania nel 1982 ivi residente e senza fissa dimora nel territorio italiano, dopo aver raccontato una storia inverosimile ammetteva di conoscere l’altro cittadino romeno e che erano in città di passaggio al fine di vendere un paio di telefoni in loro possesso per “racimolare” i soldi per far rientro in Romania e contestualmente mostrava di avere uno smartphone identico a quello mostrato dal socio ed un caricabatterie confezionato. L’uomo ammetteva, inoltre, di essere il proprietario della Golf rossa ed estraeva dalla tasca dei pantaloni le chiavi dell’auto.
Pertanto i due sono stati accompagnati in Questura dove si procedeva alla loro perquisizione personale che dava esito positivo in quanto venivano trovati in possesso di un altro caricabatterie e della cifra di 700€ complessive in merito al possesso della quale non erano in grado di fornire alcuna giustificazione, mentre ammettevano che il carica batterie lo avrebbero venduto insieme al telefono.
La perquisizione veniva estesa alla vettura in uso ai due indagati nella quale venivano rinvenuti ulteriori 19 carica batterie.
Dagli ulteriori accertamenti effettuati sono emersi, a carico dei due soggetti, vari pregiudizi di polizia per reati contro il patrimonio; nello specifico erano stati indagati in stato di libertà in varie città del nord Italia per dei tentativi di truffa in danno di cittadini che erano stati tratti in inganno dai due fermati che avevano cercato di vendere sia telefoni cellulari contraffatti che monili in oro, sempre non regolari.
Dall’esame dei due cellulari trovati nella loro disponibilità emergeva che i dispositivi erano perfettamente identici e presentavano entrambi il logo Samsung impresso sul lato frontale e su quello posteriore; la verifica degli apparecchi evidenziava però che la grafica del display era carente, che avevano entrambi lo stesso numero seriale di default, che la componentistica interna era difforme dal modello regolarmente distribuito dal produttore certificato ed infine entrambi i telefoni cellulari risultavano avere una memoria interna di 1,28 G.byte anziché 32 G, come previsto da quello specifico modello, pertanto costituivano un artifizio difficile da smascherare a prima vista dal comune cittadino che facilmente avrebbe potuto esser tratto in inganno.
Al termine degli accertamenti gli agenti procedevano a deferire in stato di libertà il D. M. e l’A. M. L. in concorso tra loro per i reati di ricettazione, tentata truffa e introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. La somma e il materiale elettronico rinvenuti venivano posti sotto sequestro penale e ai due veniva, inoltre, notificato il foglio di via obbligatorio dal Comune di Alessandria emesso dalla locale Divisione Polizia Anticrimine.
Si coglie l’occasione, all’esito dell’esposizione di tale vicenda, per sensibilizzare i cittadini a diffidare da proposte d’acquisto insolite, anche se appaiono vantaggiose, senza averne prima accertata la legittima provenienza ,anche perché , acquistare o ricevere cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo (estremamente conveniente) facciano insorgere il sospetto che provengano da reato, integra la fattispecie contravvenzionale dell’incauto acquisto. Bene ha fatto, invece, il cittadino che si è allontanato con una scusa ed ha fornito un’accurata descrizione dei soggetti, consentendo alla sezione Volanti di accertare l’attività illecita che stavano compiendo i due truffatori.
Ma non tutti i malintenzionati sono facilmente smascherabili nei loro approcci con le vittime prese di mira. Infatti, così come è accaduto ad un anziano in centro città, pochi giorni addietro, in alcuni casi i truffatori sfruttano l’arte della cortesia e affabilità; tecniche mostrate anche nei video della campagna anti truffe della Polizia di stato #esserci sempre. L’episodio a cui si è fatto cenno ha visto coinvolto un anziano signore a cui si è avvicinata, per strada, una bella donna che gli ha fatto notare una vistosa macchia sul giaccone e che si è offerta di tamponare lei stessa con dei kleenex. Nel parapiglia, forse anche a causa dell’imbarazzo, il signore non si è accorto dell’arrivo del complice della donna, che ha approfittato della situazione sganciando abilmente una catenina d’oro che la preda portava al collo, proprio mentre lo rassicurava con delle pacche sulla spalla.
Tali esempi dimostrano che non necessariamente bisogna diffidare delle persone che incontriamo per strada, ma bisogna senz’altro essere guardinghi e magari accompagnarsi ad un familiare o ad un amico/a mentre si esce per fare delle commissioni in banca o all’ufficio postale.
In altri casi i truffatori si presentano in divisa approfittando in modo vile della buona fede che i cittadini ripongono sulle forze dell’ordine, raggirandoli. Anche in questi casi occorre mantenere la calma e notiziare i presunti agenti di voler accertare con il “proprio” telefono (preferibilmente quello mobile) la veridicità dell’esercizio del controllo di polizia. Un vero agente sarebbe concorde e rispettoso della vostra esigenza e non si allontanerebbe di certo. Inoltre, i membri delle pattuglie in divisa, vestono la stessa uniforme, mentre spesso accade che i truffatori, quando agiscono in coppia, indossino degli abiti di diversa foggia oppure che la divisa sia indossata da uno solo di questi, cosa davvero insolita per le forze di polizia. Altro facile espediente per smascherare i malintenzionati è quello di verificare visivamente la presenza in loco della vettura con i colori istituzionali; infatti, per esigenze di sicurezza, gli agenti non parcheggerebbero mai la vettura di servizio lontano dal luogo da sottoporre a controllo. Si invitano gli utenti a non esitare a segnalare le ipotesi sopra descritte e a confrontarsi spesso con i vicini di casa e parenti in merito alla insolita presenza o condotta di chi transita nel vostro quartiere.