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NEL CORSO DELL’OPERAZIONE “ARHAT” SEQUESTRATI ANCHE UN IMMOBILE E UN CONTO CORRENTE

Il 12 aprile 2021, i Carabinieri del Comando Provinciale di Milano, nella suddetta  provincia e in quelle di Alessandria, Bergamo, Genova, Monza, Padova, Pavia, Roma, Varese, Vibo Valentia e Vicenza, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale meneghino su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia (Proc. Agg. D.ssa Alessandra DOLCI e Sost. Proc. Dr. Gianluca PRISCO), a carico di 37 soggetti (20 italiani e 17 stranieri, 27 dei quali verranno ristretti in carcere e 10 sottoposti agli arresti domiciliari), ritenuti responsabili – a vario titolo – di associazione finalizzata alla produzione, al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, con le aggravanti della transnazionalità e della disponibilità di armi (artt. 74 e 73 DPR 309/90, art. 1, 2, 4 e 7 L. 895 del 1967).

Il provvedimento scaturisce da un’indagine avviata nell’agosto del 2018 dai militari della Compagnia Carabinieri di Milano Duomo a seguito dall’arresto in flagranza di un cittadino italiano, trovato in possesso di 3,5 kg di sostanza stupefacente (tra cocaina, hashish e marijuana). L’analisi dei contenuti della rubrica telefonica e dei tabulati del cellulare del citato soggetto e gli esiti delle articolate attività tecniche sviluppate conseguentemente hanno consentito la progressiva individuazione di svariati gruppi criminali, tutti operanti nel capoluogo lombardo anche se con ramificazioni in altre aree del Paese, dei quali:

  1. il primo, di più elevata caratura criminale, è risultato composto da 11 soggetti italiani, alcuni dei quali di origine calabrese, operanti da diversi anni nelle piazze di spaccio di Bollate, Baranzate, Piazza Prealpi e Quarto Oggiaro (storicamente legate al clan della ‘ndrangheta reggina “Serraino – Di Giovine”). I due esponenti di spicco di tale struttura associativa (si tratta di un 53enne di Petilia Policastro-KR e di un 43enne di Joppolo-VV) sono risultati mantenere saldi rapporti con vertici ed emissari della stessa ‘ndrangheta reggina;
  2. i restanti ascrivibili a nuclei di origine eritrea (4 soggetti, la cui attività di spaccio era destinata quasi esclusivamente ad una cerchia ristretta di clienti abituali) e sudamericana (7 persone, la cui attività criminale si sviluppava sull’asse Lima-Roma-Milano), nonché ad alcune cellule, di varia nazionalità o etnia (15 tra italiani, rumeni, sinti, marocchini, tunisini, tedeschi), tra loro indipendenti, che hanno tuttavia evidenziato una spiccata operatività transnazionale[1].

L’inchiesta, in particolare, ha permesso di documentare come i diversi sodalizi, servendosi anche di appositi telefoni criptati di produzione olandese, siano stati in grado di rifornirsi, movimentare e immettere complessivamente sul mercato nazionale droghe di vario tipo per un valore di oltre 4 milioni di euro.

  1. Il nome dell’operazione (“Arhat”, espressione usata nella religione buddhista per indicare “colui che ha raggiunto la perfezione”) trae spunto da quello del cane di una spregiudicata coppia italiana che, allestendo una fiorente attività di tipo “familiare” dedicata all’importazione e allo smercio di vari generi di stupefacente, non esitava a coinvolgere il figlio 11enne nello spaccio[2], servendosi a tale scopo del proprio appartamento milanese (in zona Sempione) quale “base logistica” dell’organizzazione.
  2. L’attività, nel suo complesso, ha permesso di:
  3. operare già 23 arresti in flagranza di reato;
  4. sequestrare, complessivamente:
  • circa 35 kg di sostanze stupefacenti (del tipo cocaina, hashish e marijuana);
  • circa 000 € in contanti (provento di attività delittuosa);
  • 6 pistole e 1 carabina (rinvenute nella disponibilità della coppia citata).
  1. Nel corso dell’operazione, sono stati inoltre eseguiti:
  2. il sequestro preventivo di un conto corrente e del predetto appartamento, individuato quale “base logistica” per il confezionamento delle sostanze stupefacenti;
  3. 45 perquisizioni

 

[1]   Dalle attività tecniche sono emersi, in particolare, un canale di rifornimento peruviano per il gruppo di origine sudamericana, nonché il collegamento di alcuni soggetti italiani con bande di spacciatori operanti oltreconfine (in Austria). 

[2]   In una intercettazione ambientale, i genitori insegnano materialmente al bambino come confezionare la droga.

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"