Ogni essere vivente, che sia un animale o un uomo, fin dalle origini ha sempre avuto bisogno di una figura di riferimento, di qualcuno in grado di dare e fornire affetto, amore, nutrimento, protezione.
Chiaro è che, tendenzialmente, questa figura è spesso incarnata dal genitore: è fondamentale infatti, indipendentemente dal fatto che la figura di riferimento sia una figura materna o paterna, che si venga a creare un legame forte con il bambino dato che numerose ricerche infatti hanno rilevato che i ragazzi cresciuti accanto ad una figura di attaccamento in grado di trasmettere sicurezza ed affetto hanno maggiore fiducia in sè stessi in quanto si considerano come dei “soggetti degni d’amore”.
C’è però, a mio avviso, un rapporto per certi aspetti più potente perché carente (in una connotazione positiva, però) di quella immediatezza e di quella (spesso richiesta e necessaria) rigidità che c’è nel rapporto tra genitore e figlio.
Sto parlando della ricchezza del rapporto puro, disinteressato, senza filtri ed intenso che si può costruire con i nonni.
Come scrive Aristofane nella commedia “Le nuvole”: «Gli anziani sono dei bambini per la seconda volta». E che fosse proprio questo il punto di forza nel loro rapportarsi con i nipoti? Ciò che consente loro di creare un canale privilegiato di comunicazione a cui nessuno, e sottolineo nessuno, riesce ad avere accesso, se non i diretti interessati?
Mettendo per un secondo da parte l’innegabile importanza che i nonni hanno nella società attuale (aiuto concreto nella vita e nelle attività quotidiane dei figli, come accompagnarli e prenderli a scuola…) ciò su cui vorrei porre l’accento è la forte complicità alla base di questo rapporto, possibile proprio per la posizione privilegiata che i nonni ricoprono: i nonni, infatti, sono prima di tutto grandi amici. Spesso, se non sempre, mettono da parte regole e il ruolo di “educatori” (tipico dei genitori) lasciando spazio soltanto al piacere di passare il tempo con i nipoti.
Ho letto una frase che dice “I nonni ti vedono crescere, sapendo che ti lasceranno prima degli altri. Forse è per questo che ti amano più di tutti.”. Ed è vero. Ogni momento è prezioso ed utile per passarlo insieme ai nipoti, per sostenerli nei momenti di difficoltà, per esprimere orgoglio, approvazione, per infondere fiducia, sicurezza, affetto, protezione. Per dispensare consigli e per essere quel punto di riferimento costante, quello che non vacilla mai anche tra le incomprensioni e le difficoltà che invece, più frequentemente, si possono riscontrare nel rapporto diretto genitore – figlio. I nonni amano senza contare, senza giudicare o aspettarsi qualcosa in cambio. Amano con un amore speciale, quello che riconosci e che non puoi confondere con nient’altro, sviluppando una relazione unica, magica e speciale dove imparare a crescere e a confrontarsi con la vita. Passare il tempo con i nonni consente anche di “raccogliere” le vecchie memorie: quanto è bello ascoltare le storie del loro passato? Soprattutto quando ci si ferma a pensare che quel passato è anche il nostro, che senza quella concatenazione di eventi che ci vengono raccontati e tramandati con tanto entusiasmo e trasporto, ogni tanto anche con poca lucidità, noi non saremmo lì. È un dialogo continuamente arricchente che ci porta a viaggiare nella memoria e nella profondità di una vita autentica, che è stata vissuta e conquistata. Una autenticità che, per certi aspetti, siamo portati ad invidiare vista la precarietà, la velocità e l’inconsistenza del nostro tempo. Le emozioni dei nonni sono reali, vere, sincere, e loro ce le regalano così. Le condividono con noi come se fossimo un diario, condividono per ricordare e perché, ritornando un po’ bambini, hanno paura di essere “abbandonati” alla solitudine del tempo che scorre inesorabile. E nonostante tutto, anche quando magari capita quella giornata in cui non si riesce ad andare a trovarli o non si trova il tempo per fare una telefonata, non smettono mai di volerci bene in quel modo incondizionato, immutato e che a volte quasi “imbarazza” e fa sentire in colpa. Quell’amore che, quasi quasi, porta a pensare: “Ma davvero mi merito di essere amato così? Cosa ho fatto per conquistare tutto questo?”.
È un amore che può ferire perché spaventosamente ma meravigliosamente essenziale, fatto di sorrisi per una semplice chiamata o per un messaggio. Un amore che non chiede nient’altro che presenza. Un amore che riempie così tanto da lasciare un vuoto incolmabile quando viene a mancare.
Ludovica Italiano