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5 anni per l’eradicazione totale delle nutrie da parte, fra altri, di cacciatori ed agricoltori. Gabbie e armi da fuoco: questi gli strumenti.
Le nutrie, insediate sul nostro territorio perché inizialmente importate dal Sud-America per farne pellicce, e successivamente rilasciate in natura dagli stessi allevatori a causa della crisi del settore, sono erbivore e scientificamente riconosciute non portatrici della leptospirosi, quindi non mangiano gli uccelli né trasmettono malattie all’uomo e non lo aggrediscono.
Inoltre i danni da loro causati ai raccolti sono molto limitati perché prediligono le piante acquatiche e la vegetazione spontanea.
Sono molto intelligenti e affettuose, tant’è che in alcune zone del mondo sono considerate animali domestici.
Il crudele piano di eradicazione predisposto dall’amministrazione provinciale non trova l’accordo della LAV anche perché non risolve assolutamente nulla: di campagne di abbattimento ne sono state fatte moltissime in tutta Italia, da almeno un decennio le nutrie vengono quotidianamente uccise senza alcun risultato apprezzabile. Come gli altri animali selvatici, infatti, la nutria risponde alle avversità ambientali regolando la propria fertilità, quindi più capi uccisi si traducono in un aumento di prole, poiché aumenta la disponibilità di cibo per chi sopravvive.
Unica soluzione per risolvere il problema è lavorare sull’habitat, evitando ad esempio lo sterminio del loro predatore di elezione che è la volpe, e sulla fertilità, e in questo ci devono venire in aiuto la scienza e la tecnologia, elaborando un farmaco che consenta di limitare la fertilità degli animali, contribuendo così a limitare il numero di esemplari presenti.
Altra possibilità è data dalla sterilizzazione chirurgica dei maschi dominanti.
Per quanto riguarda i danni alle infrastrutture, bisogna ricordare che questi sono molto limitati. I dati dimostrano che le tane delle nutrie sono lunghe mediamente solo 2-3 metri. Inoltre la nutria non è un animale fossorio obbligato: solo in caso di necessità e in base a determinate caratteristiche idrogeologiche scava la sua tana negli argini.
Solo laddove si ha mancanza di manutenzione alle infrastrutture e l’habitat è già degradato, allora ci possono essere danni limitati nello spazio e nel tempo.
Il primo allevamento in Italia di nutrie “da pelliccia” è stato realizzato proprio in provincia di Alessandria, nel tortonese. La nutria è un animale così evoluto che la femmina, nel caso in cui l’improvviso degrado dell’habitat possa creare problemi ai cuccioli, può, da sola, riassorbire i feti.
Per tutti questi motivi chiediamo che il piano venga immediatamente ritirato e in sostituzione siano sperimentati nuovi approcci gestionali basati sul controllo della fertilità, più rispettosi degli animali, dell’ambiente e in definitiva con maggiori possibilità di successo. L’approccio venatorio alla gestione della fauna selvatica non ha mai portato alcuna soluzione efficace.

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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