Troppe voci si sono accalcate nascondendosi sotto il baccano della guerra, tante parole sprecate e pochi ragionamenti fatti. Davanti all’aggressione russa si alza la voce dell’Occidente che, sbraita, confusa dalla propria autocelebrazione, slogan ideologici e guerrafondai.
Di certo gli Ucraini, ancora più dell’Ucraina, meriterebbero maggior rispetto.
Taccia la Ragione, tuoni il cannone!
Si discute, infatti, sull’azione occidentale. Tante le voci che tentano di analizzare la situazione, ma lo spazio sembra esaurito da chi non vede, oltre la prospettiva bellica, altra soluzione. Tutti coloro che optano per una via pacifista, cercando di sollecitare ad una riflessione, affermano che non è armare gli occupanti la soluzione migliore. L’empatia nei confronti degli ucraini, la compassione e la sofferenza di quel popolo, devono sollecitare, quanti sono mossi da reali interessi pacifisti, a sedersi al tavolo delle trattative per porre fine alla strage in corso. Sarebbe semplice attribuire alla criminalità dell’attore di ruolo, in questo caso Putin, di certo responsabile per la guerra e le atrocità commesse, l’intera ragione del conflitto. Un modo, per l’Occidente, di lavarsi le mani della propria sporca coscienza, già macchiata dal sangue dei siriani, degli iracheni dei libici e di quanti altri, proprio come gli ucraini, si sono ritrovati in mezzo al gioco pericoloso delle grandi potenze.
Le colpe dell’Occidente
Fa gioco, dunque, il richiamo ad uno sfondo ideologico, blasone di ogni iniziativa bellica della Nato, americana ed europea, che trasforma ogni attività di guerra, in una fantomatica “esperienza democratica”. Può la guerra in Ucraina essere compresa nella basilare disequazione fra ideologia democratica europea, a cui gli ucraini tendono, e opposizione del regime autoritario russo? Oppure, più politicamente verosimile, è da imputare questo alla combinazione di una politica americana forte in relazione ad una politica europea, succube di Washington, debole, che ha perso l’occasione di relazionarsi con Mosca in qualità di partner autonomo ed indipendente? Insomma, scontro fra civiltà o realismo politico? Ognuno abbia le sue idee, ma almeno lo sforzo di ricercare la verità, e non abbandonarsi alla propaganda delle parti, deve essere fatto, lo dobbiamo a tutti gli, uomini, le donne e i bambini, di Kiev, di Mariupol, di Odessa, di Kharkiv e di tutta l’Ucraina, morti sotto armi che di retorico hanno ben poco. Lo dobbiamo al povero Kirill, e a quanti come lui sono stati uccisi dalla atroce guerra in atto. Almeno questo, glielo dobbiamo.
La politica è l’arte della cattiveria diceva Macchiavelli. Di certo non è un’arte che può essere guidata da un cieco comportamento moralistico, soprattutto quando questo maschera, in realtà, i più biechi interessi economici e politici, di coloro che, invece, traggono beneficio dal prolungarsi della guerra. «Si fermi questa crudeltà selvaggia che è la guerra» ha implorato nuovamente Papa Francesco, ma la voce del Papa, così come quella di coloro che invitano alla riflessione, prima dell’azione, viene ancora una volta inascoltata. Inebetiti dalla propaganda occidentale, non meno di quanto alcuni russi lo siano di quella putiniana, molti sono coloro che proseguono la retorica pseudo-moralista che incentiva la distribuzione delle armi come azione necessaria, tanto per la difesa della Ucraina – del cui interesse è lecito dubitare – quanto per la prevenzione di un possibile, ai loro occhi, re-instaurarsi di un impero russo- sovietico. La guerra di logoramento a cui l’Ucraina sembra essere condannata dal nostro ambiguo atteggiamento, succubi del vassallaggio americano, ha di certo come prime vittime gli stessi ucraini.
Il sonno della Ragione, l’agonia dell’Europa
Pertanto, incapaci di comprendere a pieno la partita in corso, molti sono in Europa coloro che, sopraffatti da una retorica sensazionalista, tacciano ogni forma di ragionamento e posizione critica come sostegno del nemico, respingendo in modo del tutto intollerante e a-critico la possibilità di riflessione. Non piangere, non ridere, non condannare, comprendi, spiegava Spinoza. È proprio di fronte ad una realtà con la quale possiamo compatire, ovvero soffrire insieme, che si rende ancora più necessaria lo sforzo di comprendere, affinché tali atrocità abbiano fine.
Cosa direbbe oggi questo padre del libero pensiero moderno davanti alla messa al bando di intellettuali dalla tv nazionale, perché portatori di una posizione critica non allineata? Dov’è la ragione quando gli studiosi, professori, storici e scienziati della politica, sono costretti a tacere di fronte al veemente boato della folla ignorante, che ancora una volta confonde la salvezza e libera Barabba? L’Europa dei diritti e della ragione, l’Europa della tolleranza e della libertà di pensiero, l’Europa fondata da Locke, da Kant, da Leibniz e del citato Spinoza muore in questo modo, intossicata dal suo stesso veleno di una non compresa (in)-tolleranza. Di certo è facile parlare della guerra sicuri nelle proprie case, quando non si conosce il rumore di una bomba o il suono di un missile. Per questo è ancora più deprecabile l’atteggiamento di chi, privo di qualsiasi ragionevole dubbio, è deciso solamente ad urlare risposte, invece di porre sottovoce ragionevoli domande.
Il rifiuto alla spiegazione, intesa come comprensione di un fenomeno e non giustificazione delle atrocità, vuol dire spegnere la voce della ragione e farsi cullare dalle proprie ipocrisie istintuali. Come dipinse Goya, ora e allora, questo è il nostro quadro: il sonno della ragione genera mostri.
Daniele De Camillis