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Il ministro della cultura Dario Franceschini ha annunciato in un tweet che, in seguito all’accordo stipulato fra la direzione generale per lo spettacolo dal vivo del Mibact e Agis, il 22 Ottobre sarà istituita la “Giornata del Teatro”. Il 22 Ottobre gli italiani avranno la possibilità di assistere a qualsiasi produzione teatrale gratuitamente, dedicando gli spettacoli mattutini alle scuole, e quelli pomeridiani e serali a tutti gli spettatori.

Un’iniziativa lodevole e innovativa per un governo fermo ahinoi da anni sull’industria dello spettacolo; tuttavia, agli addetti del settore e non, questa proposta risulta essere un mero “specchio per le allodole”, o poco di più.

Il Teatro Italiano soffre ormai da anni a causa di infelici decisioni politiche, gestioni pubbliche raffazzonate, diffuso disinteresse e una fastidiosa tendenza a minimizzare i problemi. Il 2015 avrebbe dovuto essere l’anno di rinascita per il settore teatrale, secondo le dichiarazioni entustastiche dell’allora novello ministro Franceschini, successore di Massimo Bray; si parlò infatti di dare nuova vita al settore con finanziamenti decisivi, provvedimenti atti a dare un solido sostegno agli addetti ai lavori ed una lunghissima serie di fantastiche promesse.

All’alba del 2016, la situazione attuale si delinea ben lontana dagli impegni presi, e ben più rovinosa di ciò che ci si aspetta. I “Teatri Nazionali” e i “Teatri d’Interesse Culturale”, nuove figure introdotte dalla riforma Franceschini, sono istituzioni scelte per la capienza dei locali e per il “nome” acquisito nel corso degli anni; per mantenere lo status squo e ottenere finanziamenti pubblici, sono costretti ad aumentare costantemente i loro introiti, prendendo decisioni atte ad accumulare capitale economico e sociale. La loro produzione teatrale é vincolata al giogo delle istituzioni, che premono per ottenere risultati, numeri spendibili. Il Teatro deve vendere, fruttare; questo atteggiamento si ripercuote non solo sui teatri fisici, ma anche (e soprattutto) sui lavoratori dello spettacolo. Gli attori e i regisi italiani si vendono e si svendono per poter lavorare, ripiegando su impieghi trasversali quali l’insegnamento del loro mestieri per poter andare avanti, reinventandosi come organizzatori teatrali, segretari, educatori, ecc.

E il pubblico? Come partecipa l’audience italiana a questo doloroso decadimento? Gli italiani di oggi hanno un’attenzione molto eterogenea per le arti sceniche: chi non si interessa, chi lo didegna per partito preso, chi nutre una guardinga curiosità e chi, da sempre, lo segue con passione. Atteggiamenti e convinzioni maturate con lo scorrere del tempo col cambiare della società e della cultura, ma veicolate principalmente dall’istruzione. Ad oggi, nelle scuole e università italiane il teatro viene letto e studiato sui libri, ma raramente esperito dal vivo. Gli studenti non vivono i drammi e le gioie dei protagonisti delle opere, ma li leggono soltando su sterili pagine bianche. Manca quindi un’educazione al teatro visto a teatro, con attori in carne ed ossa avvolti nella polvere del palcoscenico, e non svogliatamente immaginati in estenuanti pomeriggi di studio.

Baterà quindi istituire una giornata gratuita dedicata al teatro per supplire almeno all’ultima mancanza? Un inizio, certo, ma povero di effetti a lungo termine. La palese inadeguatezza del nostro paese nei confronti della vera liberalizzazione e diffusione dell’arte (teatrale e non) si é mostrata recentemente, a pochi giorni dall’annuncio del ministro. Il Teatro Colosseo di Torino ha messo in cartellone “La Merda”, il pluripremiato monologo di Cristian Ceresoli, interpretato da Silvia Gallerano. Venendo meno agli accordi presi precedentemente, l’azienda dei trasporti torinesi GTT si é rifiutata di pubblicizzare lo spettacolo sulle fiancate dei suoi mezzi, ritenendo il titolo dello spettacolo “Inaccettabile, un’offesa al buon gusto”. Il monologo di Ceresoli, interpretato da dalla Gallerano completamente nuda, é un’invettiva caustica, affilata e dolente ad un paese ignavo, sottilmente compiaciuto dal suo decadimento, impotente di fronte alle difficoltà, che parla attraverso un personaggio di donna che tenta in tutti i modi di farsi strada nel mondo dello spettacolo tra umiliazioni, degrado e irrisolti vissuti personali.

L’opera, acclamata all’estero e vincitrice al Festival di Edimburgo, risulta incompresa e screditata in patria, delineando l’ennesima occasione mancata di un pubblico poco educato e il timido e inconcludente tentativo delle istituzioni di educarlo.

“Il teatro è una comunità di passioni. Per uscire dalla fortezza vuota, il teatro deve diventare quello che finora non è stato se non in potenza: un soggetto. Non un equivoco soggetto politico, pronto a servire questa o quella causa (e, di nuovo, questo o quel potere). Ma un soggetto poetico che nell’autonomia del suo fare ritrova il senso e le ragioni del suo essere e del suo irriducibile essere sociale.”

(Tratto da “La fortezza vuota”, di Massimiliano Civica e Attilio Scarpellini)

Giulia Maino

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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