“Ancora una volta il settore agroalimentare è divenuto merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale e della sicurezza” parole dette dal presidente nazionale Coldiretti Roberto Moncalvo e ribadite dal presidente Coldiretti Alessandria Roberto Paravidino ieri a capo, con il direttore Leandro Grazioli, della numerosa delegazione della provincia di Alessandria che ha preso parte in Piazza Montecitorio alla mobilitazione organizzata per ribadire il NO al Ceta.
Una manifestazione per fermare il trattato di libero scambio con il Canada, che per la prima volta nella storia dell’Unione accorda, a livello internazionale, il via libera alle imitazioni dei nostri prodotti più tipici e spalanca le porte all’invasione di grano e ad ingenti quantitativi di carne a dazio zero.
L’iniziativa ha visto con Coldiretti altre organizzazioni, quali Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch, che chiedono fermamente di procedere senza fretta ad una discussione approfondita in Parlamento, prima di assumere una decisione di ratifica che porterebbe ad un’indiscriminata liberalizzazione e deregolamentazione degli scambi con una vera e propria svendita del Made in Italy.
Hanno già espresso il loro sostegno, con delibera approvata in Giunta, oltre 200 comuni piemontesi e l’Assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero presente alla manifestazione a Roma.
“E’ necessaria una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi che grava sul trattato – ha aggiunto Paravidino – Nel CETA manca il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente”.
Nei trattati va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione fermando una escalation che mette a rischio la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la libertà di scelta dei consumatori.
“Qui, al contrario, per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali. L’accordo – precisa il direttore Coldiretti Alessandria Leandro Grazioli – prevede, cosa inammissibile, l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie tra le parti, consentendo di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto e, quindi, di evitare nuovi controlli nel paese in cui verrà venduto, dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte”.
La presunzione canadese di chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile perché si tratta di una concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori e si rischia di avere un effetto valanga sui mercati internazionali dove invece l’Italia e l’Unione Europea hanno il dovere di difendere i prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove, realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione e sotto un rigido sistema di controllo.