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Il 2014 si è chiuso con un carrello della spesa sempre più “povero”.
A spingere il tasso d’inflazione medio annuo per il 2014 al minimo dal 1959 è stato il calo dei prezzi dei prodotti alimentari non lavorati come frutta, verdura, carne e pesce fresco che fanno registrare una riduzione dello 0,8 per cento e sono di fatto in deflazione.
“L’andamento dei prezzi riflette la situazione nei consumi con gli italiani che hanno toccato il fondo nel 2014 e sono tornati indietro di oltre 33 anni sui livelli minimi del 1981, sulla base dell’analisi della Coldiretti sulla base dei consumi finali delle famiglie a valori concatenati  dell’Istat. – afferma il direttore della Coldiretti alessandrina Simone Moroni – Gli italiani, infatti, hanno rinunciato soprattutto ad acquistare beni non essenziali, dall’abbigliamento alle calzature, ma poi hanno iniziato a tagliare anche sul cibo riducendo al minimo gli sprechi e orientandosi verso prodotti low cost”.
Una situazione che diventa ancora più critica se aggiunta al crollo dei raccolti Made in  Italy che costringe nel nuovo anno al “razionamento”  di tutti i prodotti base della dieta mediterranea.
“La produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, agrumi e millefiori è quasi dimezzata per effetto del clima, ma se la vendemmia – sottolinea il presidente provinciale Roberto Paravidino – si è classificata come la più scarsa dal 1950, con una produzione di vino Made in Italy che potrebbe scendere fino a 41 milioni di ettolitri, quella di olio di oliva è crollata attorno alle 300mila tonnellate. Risultato? Nel 2015 sugli scaffali dei supermercati ci sarà il 35 per cento in meno di olio di oliva italiano, ma anche un calo del 25 per cento per gli agrumi, del 15 per cento per il vino fino al 50 per cento per il miele, mentre il raccolto di castagne è stato da minimo storico”.
Ma è allarme anche per la produzione italiana di pasta a causa dell’eccessiva dipendenza dell’industria nazionale per l’acquisto di grano duro dall’estero da dove arriva circa il 40 per cento del fabbisogno perché non si è avuta la lungimiranza di investire sull’agricoltura nazionale.
“Gli effetti del crollo produttivo si faranno sentire  a tavola dove gli italiani – continuano Paravidino e Moroni – sono i principali consumatori di pasta a livello mondiale con una media per persona di 26 chili all’anno, una quantità che è tre volte superiore a quella di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese. Rischiano quindi di mancare dalle tavole quei prodotti base della dieta mediterranea che sono considerati indiscutibilmente come essenziali per garantire una buona salute, soprattutto per la crescita nelle giovani generazioni”.
Pane, pasta, frutta, verdura, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari hanno consentito agli italiani di conquistare fino ad ora il record della longevità con una vita media di 79,4 anni per gli uomini e di 84,5 per le donne, tra le più elevate al mondo.
“Con il crollo dei raccolti nazionali aumenta il rischio di portare in tavola prodotti spacciati per Made in Italy ma provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità – concludono Paravidino e Moroni – e per questo occorre verificare  con attenzione l’origine in etichetta, almeno su quei prodotti come l’olio, il miele e gli agrumi freschi dove è in vigore l’obbligo di indicare la provenienza, oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica, ma anche cercare sulle confezioni il caratteristico logo (Dop/Igp) a cerchi concentrici blu e gialli con la scritta per esteso nella parte gialla “Denominazione di Origine Protetta” o “Indicazione Geografica Protetta” mentre nella parte blu compaiono le stelline rappresentative dell’Unione Europea” .

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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