Le tragiche notizie di attentati terroristici, spesso di matrice estremista islamica, hanno suscitano sentimenti di smarrimento e paura non solo negli adulti, ma anche nei ragazzi più giovani.
Ad affrontare quest’aspetto così delicato si sono prestate tre personalità della letteratura e del giornalismo italiano, Antonio Ferrara, Viviana Mazza e Alberto Pellai, protagonisti dell’incontro “Dall’Isis a Boko Haram: raccontare il terrorismo ai ragazzi”, svoltosi all’Arena Bookstock del Salone del Libro di Torino.
Alla presenza del moderatore Eros Miari, i tre autori, diversi per mestiere e storia personale, hanno condiviso le loro esperienze nel far fronte a un compito comune, cioè raccontare la violenza e la paura del terrorismo attraverso la letteratura per ragazzi, molti di quali presenti nella sala incontri del Bookstock Village.
Viviana Mazza, corrispondente agli esteri del Corriere della Sera, ha scelto di farlo intraprendendo un viaggio in Nigeria, da cui è nato “Ragazze rubate. Storia delle ragazze rapite da Boko Haram” (Mondadori). Un racconto che di fittizio ha solo il nome di una delle protagoniste, Salamatu (che, paradossalmente, significa “al sicuro”). Per il resto, la giornalista, aiutata dalla collega locale Adaobi Tricia Nwaubani, ha riprodotto le storie reali di giovani donne costrette a diventare di proprietà di Boko Haram. Invece di limitarsi agli asettici numeri da cronaca, la Mazza ha voluto mettere dei nomi, dare dignità a questi resoconti perché sarebbe stato “ingiusto” il contrario.
La riflessione di Antonio Ferrara è partita dal titolo della sua opera, “Mangiare la paura” (Edizioni Piemme): Irfan, dodicenne pakistano, non ha da mangiare nella sua casa, per cui deve trovarlo in una madrasa di Islamabad. Lì si trova sul piatto brutti pensieri relativi alla sua religione, che lo porterebbero a compiere atti come il rogo dei libri e, infine, a diventare kamikaze. Anche noi abbiamo a che fare con la paura, anche noi la consumiamo a cena quando sentiamo di attentati alla televisione. Un rimedio a essa, a parere dell’autore, è cercare di entrare in questa realtà attraverso la cultura e il suo racconto di letteratura per ragazzi, per definizione “la forma principe per capire, formarsi e trasformarsi”.
Ai ragazzi, oltre che agli adulti, lo psicologo Alberto Pellai ha consigliato di “avere un atteggiamento attivo e non emozionale rispetto alle tragiche notizie diffuse dai media”, perché la paura “ci blocca e ci impedisce di conoscere il mondo”. Un esempio fulgido di ciò è il suo libro, “Parlare di Isis ai bambini” (Erickson), ispirato da una lettera dello stesso autore pubblicata sul profilo Facebook del figlio. Contro la paura e la rabbia, contro una politica “non più cooperativa ma interessata a calcare la mano sulle emozioni negative, facendo del male alla nostra vita”, lo psicologo ha invitato il giovane uditorio a non farsi bloccare dal pregiudizio imposto dagli adulti, bensì “costruire il proprio giudizio” verso il proprio compagno di religione islamica.
Stefano Summa