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Chi è realmente Ed Phoerum – Jeremy Irons? O meglio: chi è stato, e chi ancora continua ad essere, in quel dedalo a tratti ingannevole e depistante che è il sentimento amoroso.
Non puoi lasciarmi in un labirinto senza via d’uscita!», protesta Emy Ryan-Olga Kurylenko, che lo ama nella rarefazione dei loro appuntamenti clandestini, dentro la virtualità di un sms, di un collegamento via skype, di un numero imprecisato e potenzialmente infinito di mail, sottoposti – come la maggior parte delle epifanie di Ed – alla legge della sincronicità e insieme misteriosi come quell’universo di cui lui, da astrofisico, sembra conoscere i segreti.
Ipernove tramontate da miliardi di anni ma la cui luce è ancora viva, la nebulosa del Granchio, che ha la stessa forma dell’astrocitoma – un raro tumore cerebrale – di cui Ed soffre, un piccolo granchio nelle mani sorprese di Emy; teoria delle stringhe, universi paralleli e una serie limitata di doppi, di replicanti, la cui contemporanea esistenza azzera le più consolidate leggi della fisica.
In questo gioco tra filosofia e scienza, tra terreno e immateriale, in cui la domanda cardine riguarda la tangibilità di ciò che pare esistere solo nella trasparenza di un’immagine video, e la posta in gioco è la sopravvivenza di un rapporto d’amore al di là della finitezza del tempo umano, Ed, Emy, la stessa storia del loro legame in absentia ma più palpabile di tanti altri, sono fantasmi, in senso etimologico: cioè apparizioni, manifestazioni del possibile, eterni proprio in virtù del loro travalicare la soglia di ciò che noi chiamiamo reale.
Dopo le ambigue derive dell’umano ne La migliore offerta, Tornatore firma un racconto atipico d’amorosi sensi (a dispetto della convenzionalità dell’assunto di partenza, l’estremo tentativo di accudimento da parte di chi se ne va nei confronti di chi rimane, e della retorica di alcuni dialoghi), riflettendo su destino, coincidenze significative, distanze siderali e vicine lontananze, nel tempo non cronologico di ciò che noi chiamiamo amore.
Del resto c’è una logica in tutto. Per quanto ne so, al momento della nascita ogni essere umano possiede la virtù dell’immortalità. Tu dirai: ‘Ma poi muoiono’. Sì, perché nel corso della loro esistenza commettono un errore fatale, uno soltanto, che gli fa perdere la dote della vita eterna. […] Io il mio errore l’ho capito. Nessuno ci riesce, io sì. Il mio errore è stato non averti incontrata prima».

Barbara Rossi

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