Riceviamo e pubblichiamo la lettera del Presidente della SID (Società Italiana di Diabetologia) sulla questione di voler creare presidi terapeutici per diabetici attraverso l’ausilio, previo compenso, della categoria dei farmacisti secondo gare d’appalto regionali per l’utilizzo dei glucometri, paventando esborsi di soldi pubblici di grande rilevanza.
Al Ministro della Salute
On. Beatrice Lorenzin
Sede
Agli Assessori alla Salute
e ai Direttori Generali della Sanità
delle Regioni e delle Province Autonome
di Bolzano e Trento
Loro Sedi
Oggetto:Oggetto: Presidi terapeutici per diabetici
Gentilissimo Ministro Lorenzin, Illustrissimi Assessori e Direttori,
mi permetto di scrivere a nome del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Diabetologia in quanto abbiamo appreso con preoccupazione (da clinici) e con sconcerto (da cittadini che pagano le tasse e che hanno a cuore il bilancio dello stato e delle regioni e province italiane) che in alcuni ambiti sono state condotte gare o sta maturando la decisione di indire gare per l’approvvigionamento dei presidi per le persone con diabete. Riteniamo di dover esprimere ancora il nostro dissenso e portare alla Vostra conoscenza una serie di argomentazioni che sono state riassunte in una nota redatta alcuni mesi fa (vedi allegato) e che in questa lettera desideriamo ampliare e integrare per esprimere meglio il nostro pensiero. Si tratta di argomentazioni di carattere clinico e farmacoeconomico.
Noi riteniamo improprio che lo strumento per la misurazione per la glicemia (glucometro) non sia inquadrato per quello che realmente esso è: uno strumento terapeutico che deve essere prescritto, non diversamente da un farmaco, con criteri clinici e appropriati da personale esperto. Uno strumento che deve essere affidato solo ad una persona che sia accuratamente addestrata al suo uso e all’abile sfruttamento delle varie potenzialità nel contesto di un vero e proprio sistema biologico. Un sistema biologico composto da: 1) un paziente esperto nell’uso; 2) un misuratore accurato e preciso della glicemia; 3) un software (più o meno complesso) di gestione del dato biologico che serve da guida per l’azione immediatamente conseguente (assunzione ed eventuale titolazione di farmaco orale o iniettabile, ingestione di una determinata quantità di cibo con particolare attenzione ai carboidrati, svolgimento o meno di una determinata attività fisica, ecc.); 4) un sistema di archiviazione (più o meno complesso) dell’insieme dei dati biologici al fine di pianificare modifiche terapeutiche strutturali, eventualmente in condivisione in remoto con il team curante. Tale sistema non deve essere perturbato se non per valide motivazioni cliniche. Questo sistema biologico, ovviamente governato dall’essere umano che lo compone, non è equivalente con un altro, composto dalla stessa persona ma da hardware e software differenti. Un farmaco “di marca” può essere sostituito con un generico equivalente ma un glucometro e tutto quello che sta dentro e intorno ad esso, per la sua peculiarità e per il fatto di interagire con una persona con cui è integrato, non può essere sostituito, a meno che non ce ne sia un valido motivo clinico (condizione di salute mutata, esigenze cambiate, ecc.) o tecnico (rottura, obsolescenza, ecc.). La sostituzione di un glucometro comporta un sostanziale rischio clinico (iperglicemia, ipoglicemia, perdita di compenso metabolico, riduzione dell’aderenza terapeutica, ecc.) e la sua opportunità va attentamente ponderata prima di essere implementata. Gli eventi avversi conseguenti alla manifestazione clinica di quello che potenzialmente era solo un rischio clinico ed è divenuto una realtà sanitaria (chiamata del 118, accesso al PS, ricovero ospedaliero, visita medica addizionale, esami di laboratorio e strumentali, ecc.) hanno un costo. Per minimizzare, senza mai riuscire ad azzerarlo, questo rischio clinico, la sostituzione richiede la ripetizione del percorso educazionale sul nuovo strumento e sulle sue appendici (hardware e software) e questo ha un costo rilevante. Le stime indicano che la sostituzione di 100 mila glucometri costi non meno di 3 milioni di euro di spese di personale infermieristico e/o medico per addestrare i pazienti al nuovo strumento. A tale spesa va aggiunta quella conseguente agli eventi avversi attesi: una stima molto prudente è di almeno 300 mila euro per ogni 100 mila glucometri sostituiti, ipotizzando 1 solo evento avverso ogni 1000 persone che sia riconducibile al cambio dello strumento. La somma di queste voci di spesa (€ 3,3 milioni) è superiore al risparmio che potrebbe essere generato da una gara, ipotizzando un costo ribassato di € 0.15 per striscia ed un acquisto di 20 milioni di strisce per i 100.000 glucometri sostituiti (€ 3 milioni). Senza considerare che una gara cristallizzerebbe la situazione per un periodo non breve (anni), impedendo l’accesso al progresso tecnologico e che con buone probabilità una gara vedrebbe prevalere un prodotto fra i meno buoni se non scadente, come è già avvenuto. Sarebbe come se la terapia di una qualsiasi patologia non potesse sfruttare i nuovi farmaci fino a che la vecchia terapia non venisse considerata “scaduta” per decorrenza dei termini di aggiudicazione della gara.
La soluzione per il risparmio, garantendo l’accesso alla tecnologia e la preservazione del sistema biologico (persona addestrata/strumento e sue appendici) è un’altra. Essa passa attraverso: 1) prezzo unico per tutte le strisce reattive per la glicemia che si qualificano come conformi agli standard clinici (forse è ormai superato anche il concetto di 2-3 classi di strisce perché più che nelle strisce la diversità è nei glucometri e nei sistemi di gestione e archiviazione dei dati biologici); 2) riduzione del prezzo di acquisto delle strisce e anche degli altri presidi (lancette pungidito, aghi per penna); 3) sostanziale riduzione anche del rimborso riconosciuto ai distributori dei presidi (grossisti, farmacisti); 4) dotazione annua massima di strisce commisurata alle caratteristiche cliniche (la grande maggioranza dei pazienti, che dovrebbero assumere farmaci orali o iniettabili che non determinano ipoglicemia, dovrebbero avere una dotazione limitata a un centinaio all’anno e solo i pazienti in terapia insulinica con iniezioni multiple dovrebbero riceverne circa 2000 all’anno, come raccomandato dalle linee guida; con deroghe solo quando queste sono clinicamente giustificate).
Non è probabilmente una società scientifica che deve dare pareri sui prezzi, ma ci sia consentito di ritenere che un prezzo di acquisto dal produttore di € 0.30 per striscia sia ragionevole e sostenibile e che una quota per il distributore (farmacista) di € 0.05 per striscia sia più che ragionevole (vale a dire un costo complessivo unitario non superiore a € 0.35). Questo potrebbero essere il costo standard su tutto il territorio nazionale. Tutte le regioni potrebbero adeguarsi e questo eliminerebbe antipatiche, imbarazzanti e incostituzionali differenze fra i cittadini che vivono in un luogo piuttosto che in un altro.
Questi provvedimenti, certamente bene accetti dalle associazioni delle persone con diabete e sostenuti dai diabetologi, conseguirebbero un enorme risparmio e garantirebbero la personalizzazione della cura (ad ognuno sarebbe prescritto il sistema più adatto), la prosecuzione della stessa quando non c’è motivo di cambiare (la continuità terapeutica è un valore aggiunto ed un principio fondante in medicina) e l’immediato accesso al progresso tecnologico (sarebbe improprio continuare con strumenti obsoleti se la ricerca e l’innovazione offrissero opportunità di miglioramento).
Da ultimo desideriamo segnalare che stiamo considerando la possibilità di invitare i diabetologi a farsi firmare dai pazienti una liberatoria che li affranchi da ogni responsabilità nel caso di evento avverso legato ad un cambio di glucometro motivato da ragioni non cliniche ma puramente economiche.
Speriamo di aver portato argomentazioni che possano contribuire a prendere decisioni clinicamente ed economicamente vantaggiose, nel rispetto dei bisogni di circa 4 milioni di persone che hanno una malattia seria e che va curata con grande attenzione in tutti i particolari e nell’osservanza di quei principi di appropriatezza e sostenibilità che in sanità sono ormai ineludibili.
Cordiali saluti.
Enzo Bonora, a nome del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Diabetologia