Può un luogo combinare la saggezza della manualità tradizionale con l’innovazione della tecnologia di ultimo grido? E’ pensabile che il luogo più creativo della città possa esistere nel suo borgo più antico? Generazioni diverse possono trovare un punto d’incontro comune, dove soddisfare la propria curiosità e dare forma alla propria inventiva? La risposta a queste domande è sì quando si parla di “Porto Idee”.
Inaugurato nel corso di un piacevole pomeriggio proto-primaverile, il Community Center situato in Borgo Rovereto ha aperto ufficialmente le porte ieri, accogliendo il più variegato e interessato pubblico. Aggirandosi nel capannone ottimamente restituito alla comunità, si poteva incontrare persone di ogni tipo. Nel Laboratorio sociale di falegnameria, giovani e anziani cercavano di stare dietro a Maurizio, la cui passione e competenza emergevano con forza quando mostrava i mobili creati con vari tipi di legno o quando spiegava il processo mentale dietro la nascita di un prodotto. Cambiava il materiale di riferimento, il tessuto al posto del legno, non la bellezza dei prodotti della Sartoria handmade dove, come recita il cartello di presentazione, si può “realizzare con le mani tutto quello che la fantasia suggerisce”. Al suo interno si muoveva con mano esperta Elisabetta.
Se questi due ambienti mettevano in mostra attività artigianali all’insegna della tradizione, giusto dall’altra parte del corridoio o nello spazio accanto erano i ritrovati più avveniristici della tecnologia a farla da padrone. In una stanza prendeva posto la fresa CNC, con giovani volontari a spiegarne il funzionamento agli ospiti, compreso un gruppo incuriosito di quattro ragazzi pakistani. Passando nelle rimanenti sale, affluivano costantemente grandi e piccini, con ruoli differenti da vano a vano.
Meta di pellegrinaggio prediletta era il FabLab (Fabrication Laboratory), letteralmente invaso da esponenti di laboratori in altre città, a confronto con i colleghi alessandrini, semplici cittadini vogliosi di conoscere come operano le stampanti 3D e bambini sulle spalle dei genitori, colpiti da quella “strana scatola” che a partire da un filamento nero genera una piccola rana. Come detto, il viavai di persone nel FabLab è stato continuo e a dirigere il traffico, al contempo replicando alle richieste di informazioni dei visitatori, ci hanno pensato Mico Rao, fondatore di lab121, e Luca Zanon, architetto e anima di Officine Marcovaldo, aiutati da altrettanto validi volontari.
Se nel FabLab i più piccoli si limitavano ad assistere, nel Laboratorio informatico erano gli assoluti protagonisti. Gli adulti erano sì presenti, ma a lato. Al centro della ribalta, infatti, spiccavano con tutta la loro carica creativa i bambini, partecipanti alla sessione dimostrativa del CoderDojo. La palestra di programmazione, che può vantare tra i suoi sensei la “Digital Champion” Valeria Cagnina, ha una dinamica particolare, affinata in un anno di attività e spiegata alla perfezione dal mentor Luca Pantano. Fornite un paio di istruzioni su come opera un programma o un oggetto, i giovanissimi coders vanno per la loro strada, lasciandosi trascinare dalla loro inesauribile inventiva. I risultati sono sorprendenti, che si tratti di creare animazioni o videogiochi con Scratch o dare forma alle immagini grazie alla penna 3D. Chissà che in futuro qualche adulto alle prese con i “macchinoni” non possa dare un’occhiata dalla finestra e prendere spunto da questa piccola fucina di creatività…
Il vecchio da cui non si può prescindere e il nuovo che porta nel futuro, un’apparente ossimoro che diventa coerente in “Porto Idee”, secondo Fabio Scaltritti. Il presidente della Comunità di San Benedetto al Porto di Alessandria ha identificato nell’inaugurazione del Community Center “un segnale di controtendenza”, un’occasione di rilancio per una zona cittadina fortemente colpita dalla crisi. Un luogo aperto a tutti i cittadini per l’intera settimana, dove fare proprie nuove competenze e mettere in pratica i propri progetti. Dopo la festa di ieri, la quotidianità del Center sarà contraddistinta da corsi formativi e workshop nei laboratori, oltre che da un fermento culturale che prenderà alimento dall’attività della sala cinema, dagli incontri e dalla biblioteca multilingue, ancora in allestimento.
La soddisfazione per aver avviato un progetto così ambizioso e l’entusiasmo del primo giorno non possono però far dimenticare alcune questioni. Lo stesso Scaltritti ne ha indicata una, quando ha definito “critica” la “sostenibilità del locale”. In questo senso, Luca Zanon ritiene che i corsi potranno fare la differenza. Fondamentale, inoltre, sarà la capacità di coinvolgere la cittadinanza, non solo per l’inaugurazione, ma da qui in avanti. Compito di per sé non facile, a maggior ragione in una città spesso refrattaria alle novità come Alessandria. Per Zanon la creazione di una “rete” che metta in contatto le forze produttive del Borgo Rovereto, la comunità di cittadini capaci di dare valore al prodotto fai-da-te, su misura per le proprie esigenze, e le espressioni più creative degli altri centri zona della provincia. Solo così il Community Center avrà la possibilità di dare una necessaria scossa di adrenalina ad Alessandria. Altrimenti, il rischio è lo stabilirsi di un’altra “cattedrale nel deserto”.
Stefano Summa