La Gran Bretagna ha detto no all’Europa. Al di là delle motivazioni di politica interna – Cameron per essere eletto aveva promesso il referendum – e del nazionalismo fomentato da chi minaccia orde di immigrati, il dato di fatto è un altro.
Questa Europa soltanto finanziaria e bancaria non funziona. Ci avevano provato i Portoghesi, poi i Greci, ma i ricatti monetari hanno spaventato il popolo, lo spauracchio della disfatta economica se non si sottosta al dominio dell’unione, ha ridotto all’ubbidienza chi voleva rivendicare la propria sovranità. Anche con la Gran Bretagna la stessa musica ha suonato per settimane dimenticando, però, che il Regno Unito è il centro finanziario di metà dell’emisfero planetario e soprattutto ha una sua moneta, la sterlina, bene rifugio dalla notte dei tempi.
I pessimisti ora decretano la fine della Gran Bretagna, le borse crollano, la disoccupazione trionferà, la crescita del Paese diventerà decrescita, forse nei primi tempi sì, non sarà facile, ma nel giro di mesi quando si dovrà rinegoziare, sarà l’Europa che dovrà adeguarsi e non viceversa, il Regno Unito è un Paese forte e soprattutto è il centro degli investimenti finanziari e bancari di mezzo mondo. La rinegoziazione sarà necessaria ma l’appuntamento da non mancare è quello dell’Europa stessa con la revisione della sua funzione che non può limitarsi ad essere il portavoce delle banche e legiferare sulla misura delle vongole e dei cetrioli. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è l’ultima occasione per l’Europa di rivedere se stessa.
Fausta Dal Monte