Estate tanto calda quanto quella meteorologica è stata passata dal Terzo Valico dei Giovi, grande opera dalle prospettive temporali ed economiche sempre più evanescenti. A far discutere come sempre è il piano cave, la cui nuova edizione ha ridisegnato la geografia dei depositi dello smarino in provincia di Alessandria. 12 i siti ritenuti prioritari per l’accumulo di materiale di scavo proveniente dai cantieri, con una forte rappresentanza di Pozzolo Formigaro (5 aree sono nel suo territorio). 5, invece, i siti di riserva, tra cui l’alessandrina Cascina Bolla 2 e la più volte esclusa Cascina Montemerla a Tortona. Come prevedibile, il prospetto delle cave ha incontrato il parere negativo di diverse amministrazioni comunali, tra cui quelle di Sezzadio, Pozzolo, Arquata e Novi Ligure, alle quali si sono aggiunti comuni della Val Lemme come Carrosio, Fraconalto, Voltaggio e Parodi. Ascolterà le loro rimostranze, spesso riguardanti non solo la quantità di smarino depositato ma anche il potenziale aumento del traffico di camion nelle strade locali, anche l’Osservatorio Ambientale del Terzo Valico. Trasferitosi ufficialmente da Roma ad Alessandria dal 1 settembre, con l’ingresso di un rispettivo rappresentante con diritto di voto di Arpa e dell’Istituto superiore di Sanità. Già chiamato in causa in seguito a una segnalazione del Movimento No Tav Terzo Valico.
Ad agosto, infatti, sul sito di uno dei più determinati oppositori alla grande opera è comparso un articolo atto a denunciare il superamento del limite di 1 fibra/litro di amianto nella “prima cintura esterna” al deposito Cascina Clara e Buona ad Alessandria, in base alle rivelazioni presenti sul portale web dello stesso Osservatorio. In risposta, l’organismo alessandrino hanno dapprima assicurato che “la quantità di fibre di amianto rilevata […] è stata inferiore rispetto a quello che il protocollo amianto considera un pericolo per l’ambiente”, parole del direttore di Arpa Alessandria Alberto Maffiotti. Poi, il presidente dell’Osservatorio Claudio Coffano ha garantito che non si trattasse di fibre di amianto, bensì di antigorite. Materiale assimilato al crisotilo dalla lettura automatica da parte delle centraline, le cui fibre sono ritenute non pericolose se inalate perché non amiantifere. Una valutazione ancora oggetto di studio da parte di scienziati in tutto il mondo, al momento smentita solo dal sistema legislativo della Nuova Caledonia, l’unico a classificare il serpentino antigorite nella categoria amianti.
Stefano Summa
@Stefano_Summa