Con la legge 92/2012 l’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego) ha sostituito qualunque altro trattamento di disoccupazione e l’indennità di mobilità, quest’ultima in via di progressiva eliminazione, che avverrà a partire dal 1 gennaio 2017.
L’Aspi nasce quindi come tutela universale destinata a tutti i lavoratori del settore privato che abbiano perso l’impiego involontariamente e che abbiano un requisito contributivo/assicurativo minimo. I destinatari sono quindi i licenziati ma anche chi ha risolto consensualmente il proprio rapporto di lavoro a seguito di procedura prevista dall’articolo 7 della legge 604/1966, obbligatoria in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
L’Aspi consiste nel pagamento di un’indennità mensile pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile se questa è pari o inferiore a un massimale stabilito per legge, maggiorata del 25% della differenza tra la retribuzione media e il massimale se la prima è superiore al massimale stesso.
In soccorso dei lavoratori subordinati non in possesso dei requisiti per l’Aspi la legge 92/2012 prevede una mini Aspi, uguale nell’importo ma di durata inferiore.
L’universalità del trattamento non copre i lavoratori atipici, a esclusione dei lavoratori a progetto ai quali assicura però soltanto un’indennità una tantum a determinate condizioni realizzatesi nell’anno precedente: monocommittenza, reddito complessivo lordo non superiore a 20.000,00 euro, periodo di disoccupazione ininterrotto di almeno due mesi.
Il Jobs Act interviene in materia di ammortizzatori sociali includendo negli stessi, oltre agli strumenti di tutela in costanza di rapporto, quelli di sostegno in caso di disoccupazione involontaria e delineando per questi ultimi un progetto di rimodulazione che si incentra sui seguenti punti:
1. estensione dell’Aspi ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, area più ampia rispetto al solo lavoro a progetto previsto dalla legge Fornero;
2. prestazione post-Aspi aggiuntiva per i lavoratori che presentino valori ridotti dell’indicatore della situazione economica;
3. sganciamento dei servizi assistenziali dalla condizione di disoccupazione e riferibilità degli stessi al solo stato di bisogno;
4. aggancio del trattamento al meccanismo contributivo: principio della valorizzazione, in funzione premiante, della storia contributiva del lavoratore come correlata possibilità di aumentare la durata dei trattamenti in corrispondenza del maggiore gettito effettuato;
5. condizionamento dell’erogazione delle prestazioni a una condotta virtuosa del lavoratore in forma di accettazione di proposte di lavoro alternative oltre che di impegno in opere o servizi di pubblica utilità.
L’universalità del trattamento esteso anche ai lavoratori autonomi si coniuga, quindi, nell’enunciazione delle direttive impartite all’esecutivo, con la possibile modulazione degli standard di tutela in funzione di parametri di oggettiva razionalità ed equilibrio economico-gestionale (alla luce della corrispondenza contributi/prestazioni).
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