Riceviamo e pubblichiamo:
“E’ giustamente collocata fra le tante nel libro “Ambiente Delitto Perfetto”. Cosa potevi aspettarti di più da Alessandria rispetto alla consolidata giustizia in materia ambientale in Italia? Nulla. Nulla di nuovo tra Tanaro e Bormida: confermerebbe Umberto Eco.
La sentenza del processo Solvay di Spinetta Marengo è deludente e preoccupante. Deludente per le parti civili vittime dell’ecocidio che esigeva condanne e risarcimenti severi. Preoccupante per gli abitanti della Fraschetta, consapevoli che soltanto una costosissima bonifica del territorio potrà scongiurare un futuro di indagini epidemiologiche con sempre più morti e malattie. Deludente e preoccupante anche per le innumerevoli comunità italiane che proprio dalla Magistratura di Alessandria attendevano una coraggiosa inversione di tendenza alle sentenze (Eternit, Thyssenkrupp, Bussi, ecc.) che hanno scandalizzato l’universo ecologista e aperto un vasto dibattito sulla Giustizia in materia ambientale per la loro sostanziale impunità tramite la derubricazione dei reati dal pesante dolo alla lieve colpa e le prescrizioni, per non dire delle assoluzioni. Tutte le aspettative, deluse ad Alessandria, ruotavano attorno all’ormai famoso articolo 439 del codice penale che condanna la consapevolezza del delitto contro la collettività, il dolo appunto: “Chiunque avvelena acque destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per consumo, è punito con la reclusione non inferiore a…”. Da 10 a 18 anni ha chiesto il Pubblico Ministero per gli 8 imputati. E non un paio di anni, quasi prescritti, come…per aver attraversato con il rosso. Sono infatti almeno 21 le sostanze tossiche e cancerogene prima scaricate di nascosto in falda e poi addirittura omesse di bonifica. Una bonifica che necessiterebbe un risarcimento miliardario. Gli occhi del mondo penale e ambientalista sono rimasti per 7 anni puntati sul tribunale di Alessandria, 3 anni in Corte di Assise, dove la battaglia in campo dottrinale è stata esaltata dagli enormi interessi economici in gioco, in vista di una sentenza di possibile portata storica in campo giudiziario. In questi 7 anni, invece, gli occhi delle vittime hanno pianto testimoniando in aula e non pochi si sono nel frattempo spenti in attesa di giustizia. Noi, che in tribunale ci siamo battuti più di ogni altro, possiamo dire che oggi i più deboli hanno ottenuto giustizia? Non possiamo. Lo lasciamo dire agli avvocati, come ai politici che alle elezioni vincono tutti. Nell’aula campeggia la fatidica scritta “La legge è uguale per tutti” che altrimenti interpretò Raffaele Guariniello: “Sono stato nella Magistratura per decenni e ho cercato di fare il bene dei più deboli.
Medicina democratica Sezione provinciale di Alessandria.”