Lo Zar vacilla: Putin vince le elezioni, ma c’è dissenso in madrepatria.
Vittoria immancabile per Vladimir Putin e il suo partito, Russia Unita, alle elezioni legislative russe svoltesi la scorsa settimana. Il suo partito alla Duma, il Parlamento di Mosca, si conferma per l’ennesima volta partito di maggioranza pur registrando un calo rispetto alle votazioni del 2016, passando dal 54% delle preferenze ad un circa 49%-50% secondo gli ultimi spogli. Sorpresa in queste elezioni è il partito comunista (Kprf), che ha raddoppiato i propri voti passando da un 13% ad un 25%, soprattutto in regioni come Jacuzia o Siberia dove i comunisti non sono mai stati così popolari. Gli altri partiti ad entrare in Parlamento sono il Partito Liberal Democratico (7,48%), Una Russia giusta per la verità (7,41%) e Gente Nuova (5,36%).
Una vittoria quindi che alcuni dissidenti il regime di Putin, non esitano a definire di Pirro, nella speranza che il calo e soprattutto le polemiche suscitate dai risultati e gli accusi di brogli elettorali possano segnare l’inizio della fine dell’impero dello zar Putin. L’agenzia stampa Interfax ha difatti registrato circa 750 denunce di brogli durante il voto, confermati anche da alcuni osservatori indipendenti, fra questi l’organizzazione Golos ha elencato migliaia di irregolarità a livello nazionale, la maggior parte delle quali documentate con foto e filmati. D’altro canto, il Cremlino ha risposto alle accuse definendo le elezioni come esempio positivo di «competitività, trasparenza ed onestà». Il portavoce del presidente, Dmitry Peskov, ha ricordato che «Per il presidente, naturalmente, la cosa più importante era e rimane la competitività, la trasparenza e la correttezza delle elezioni. In questo senso, naturalmente, valutiamo il processo elettorale come molto positivo». Lo stesso Andrei Turchak, segretario generale del partito Russia Unita, ha definito la campagna elettorale come «una delle più trasparenti» nella storia della nazione ribadendo l’impegno del partito ad un corretto svolgimento elettorale dispiegando «più di 100mila osservatori ai seggi» Diversa è l’opinione degli oppositori al regime, primi fra i quali i comunisti e i navalnisti. Il partito Russia Unita, secondo i comunisti, avrebbe dovuto registrare in realtà un calo assai maggiore rispetto a quello attualmente presentato. La partecipazione al voto, quindi, sarebbe stata gonfiata ad arte per garantire al partito del presidente la maggioranza nella Duma. Ad ogni modo è indubbio che la politica del voto utile proposta dal dissidente Alexei Navalny, oppositore numero uno del presidente Putin, abbia portato i suoi frutti. Navalny dal carcere ha infatti invitato i suoi sostenitori a puntare sugli esponenti del partito comunista nei collegi uninominali al fine di creare un fronte d’opposizione più grande e coeso che sfidasse il predominio dei candidati di Russia Unita. Questo nonostante i link di accesso al Google Doc, usati dai navalnisti per comunicare le liste dei candidati per ogni collegio con maggiore probabilità di battere il candidato Russia Unita, fossero stati giudicati “illegali” dal Cremlino e prontamente chiusi da Google stesso, su pressione del Roskomnadzor, l’autorità russa per le telecomunicazioni.
Le proteste però non sono solamente interne, ma provengono anche dall’esterno. L’Unione Europea, infatti, ha rimproverato la Russia di Putin per il «clima di intimidazione nei confronti delle voci critiche e indipendenti», secondo le parole di Peter Stano, portavoce dell’Alto commissario per la Politica Estera europea Joseph Borrell, mentre lo stesso Borrell ha parlato di una «limitazione sulle scelte che i russi potevano fare e avere», denunciando la «repressione nei confronti dei media indipendenti, i politici dell’opposizione, le organizzazioni della società civile, i giornalisti e gli attivisti con l’obiettivo di mettere a tacere l’opposizione e rimuovere la concorrenza» invitando la Federazione russa a « rispettare i suoi impegni in termini di valori democratici e di tutela dei diritti umani». Anche Ned Price, portavoce del dipartimento di Stato degli Usa ha invitato la Russia a «onorare i suoi obblighi internazionali per rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali e a mettere fine alla campagna di pressione sulla società civile, sull’opposizione politica e sui media indipendenti». Forti sono state le critiche della Turchia e della Georgia per aver concesso il voto ai russi abitanti i territori esterni alla Federazione Russa, ma orbitanti sotto la sua sfera di influenza. Il portavoce del ministero degli Esteri turco l’ambasciatore Tanju Bilgi, infatti, ha fatto sapere, con un comunicato, che «la Turchia sostiene l’integrità territoriale dell’Ucraina e ritiene illegale l’annessione della Crimea», pertanto è chiamata a «non riconoscere i risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento russo». Alla critica turca si unisce quella georgiana che ha condannato le elezioni russe svoltesi nell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, le due repubbliche auto-proclamate autonome, formalmente appartenenti alla Georgia, ma controllate dai russi fin dalla fine del conflitto del 2008-2011.
Daniele De Camillis