Quando si parla del mondo dell’istruzione, e dell’università in particolare, la visione troppo spesso si restringe alle contingenze del presente ed il più delle volte, per ragioni più o meno condivisibili, si finisce troppo spesso per parlare delle necessità dei professori e non di quelle degli studenti che dovrebbero invece essere “il core business” delle università.
Accade così che ci ritagliamo troppo poco tempo a capire quale deve o almeno dovrebbe essere il futuro degli atenei e come invece dovremmo immaginarci le “università 2.0”
Ma laddove la spinta delle istituzioni tradizionali manca, qualche spunto che ci aiuti a disegnare quella che sarà l’università del futuro ci arriva dal settore privato dove l’innovazione della propria offerta formativa non rimane solo una chimera sulla carta (come accade per le università statali che non vivono di mercato) ma una necessità da cui non si può prescindere.
E proprio nell’ambito del privato è nata quella formula di ateneo, che potrebbe davvero affermarsi come lo standard del futuro; si tratta degli atenei telematici.
In Italia esistono ad oggi una decina di università telematiche, come ad esempio la Unicusano con sede a Roma, e la loro presenza sul territorio nazionale dura ormai da più di 10 anni, esattamente dal 2004 quando l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti autorizzò la nascita di tali strutture private che però erano e sono in grado ancora oggi di erogare titoli di studio equipollenti a quelli delle università statali. In pratica, se si deve partecipare ad un concorso pubblico o a un colloquio di lavoro, chi si è laureato presso una università telematica vanta gli stessi diritti di chi si è laureato presso una università statale.
All’inizio della loro diffusione, ovvero come detto nel 2004, gli iscritti alle università erano poco più di un migliaio in tutta Italia, mentre ora superano le 40 mila unità; in tanti sono gli iscritti anche nella provincia di Alessandria che, proprio grazie alla possibilità di studiare per via telematica, possono iscriversi ad un’università “virtualmente” presenti a Roma, senza però mail allontanarsi dal capoluogo piemontese se non in occasione degli esami o della laurea.
Per tutto il resto del tempo chi è iscritto ad un’università online segue le lezioni e studia senza mai muoversi casa. Si parla di e-learning, ovvero di studio a distanza, ma si traduce principalmente in “risparmio”.
Risparmio che riguarda innanzitutto le risorse economiche altrimenti necessarie per studiare presso un ateneo tradizionale; studiando online, ovvero da casa, si risparmia sugli eventuali costi di affitto fuori sede, su parte del vitto, e su quasi tutti i costi di trasporto.
Ma c’è anche un evidente risparmio di tempo visto che lo studente non deve spostarsi da casa per seguire le lezioni e, cosa più importante, le può comodamente seguirle “in differita” negli orari a lui più congeniali, volendo anche di notte o nei weekend; quest’ultima è la soluzione ideale per chi studia e lavora allo stesso tempo.
In fin dei conti, e questo è uno dei principali motivi del loro successo, le università telematiche da un lato hanno magari costi maggiori per quello che concerne la retta rispetto alla media di una università statale, ma dall’altro è in grado di garantire allo studente iscritto ed alla sua famiglia un risparmio ben superiore al maggior costo della retta stessa.
Per tali motivi questa formula di ateneo ritagliata al 100% intorno alle necessità dello studente potrebbe diventare un paradigma adottato anche nel pubblico che peraltro già oggi inizia a fare importanti passi in avanti nella virtualizzazione dell’offerta formativa, come ad esempio avviene a Torino dove da alcuni anni il corso di laurea breve in Scienze dell’amministrazione viene erogato online e non solo in aula. E siamo solo all’inizio…