Frasi come “mai più processi a chi si difende a casa propria”, “la difesa è sempre legittima” sono da tempo sulla bocca di molti politici.
I dati ufficiali del Ministero di Giustizia rivelano come il numero di processi penali definiti in primo grado relativi a casi di legittima difesa non supera il 10%. Quelli per eccesso colposo di legittima difesa solo il 5%.
Il Parlamento, il 26 aprile scorso ha approvato la legge n. 36 e ha cercato di mettere in pratica quanto annunciato politicamente.
Secondo il codice penale, art. 52, non è punibile chi ha reagito ad un aggressore, perché costretto dalla necessità di difendere sé o altri dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
In poche parole la legittima difesa si compone di tre elementi: 1. Deve essere in corso un pericolo di aggressione (fisica o non); 2. la persona non può fronteggiare tale pericolo se non commettendo a sua volta un reato (es. omicidio o lesioni); 3. la reazione deve essere proporzionata al pericolo.
I primi due non sono mutati pertanto, ad esempio, continuerà a rispondere di omicidio colui che sostiene di essersi difeso sparando al ladro mentre questi è in fuga.
L’aspetto interessato dalla nuova legge è quello riguardante il terzo elemento: la proporzione tra l’offesa e la difesa.
Già nel 2006 era stata introdotta la presunzione che la difesa armata fosse proporzionata nel caso in cui l’aggressore abbia violato il domicilio e solo nel caso di pericolo per l’incolumità fisica propria o altrui o per un pericolo di aggressione.
La legge del 2019 ha introdotto il comma quarto dell’art. 52 c.p. che contempla una inedita presunzione molto più ampia ed estesa, non limitata solo al requisito della proporzione ma estesa all’intera legittima difesa nel suo complesso.
La legge presume che, nei casi di intrusione nel domicilio, per pericolo all’incolumità propria o altrui o per il pericolo di aggressione, agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto (violento) per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica.
Dunque, non solo la reazione armata è per legge di per sé sempre proporzionata all’aggressione al domicilio ma si vuole dare per scontato che sia anche espressione di un pericolo in corso (requisito 1) e che sia l’unico modo per reagire e scampare dal pericolo (requisito 2).
Senonché, la legge stessa pone dei limiti che, questi sì, risultano poco logici: la nuova legittima difesa vale solo per un’aggressione posta in essere a seguito di una violazione di domicilio già realizzata e non nei confronti, ad esempio, di un ladro che tenti di forzare la porta o di saltare il cancello; non varrebbe se l’evento scatenante non è stata una violazione di domicilio ma reati ben più gravi tipo furto o rapina; non potrà essere invocata se il pericolo riguarda solo il patrimonio e non anche la sfera fisica dell’aggredito.
La norma lascerà giocoforza spazio ad interpretazioni ragionevoli e coerenti con la Costituzione e con la tutela internazionale dei diritti umani.
Le disposizioni di legge, soprattutto quelle penali, devono essere interpretate secondo il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) per cui molto probabilmente la prassi dei tribunali cercherà per forza di sindacare se non la proporzionalità almeno l’attualità del pericolo e l’esistenza stessa di una difesa da porre in essere.
Diversamente, la norma presenterebbe il rischio di incostituzionalità.
Inoltre, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ammette il ricorso alla legittima difesa solo in casi di assoluta necessità, pertanto ci si vedrà costretti ad accertare in concreto che il comportamento di chi si difende aggredendo fosse davvero necessario.
Diversamente, anche in questo caso, sarà prevedibile una dichiarazione di illegittimità costituzionale.
Per concludere, la struttura della norma appare precaria e sarà necessario un periodo di assestamento per poterne misurare i primi effetti, per ora non resta che tenerci l’ennesima norma scritta male. E poi non ci si lamenti se i giudici vanno a colmare i vuoti lasciati da legislatori poco competenti.
Avv. Paolo Pollini
Cell. 349.8291858