Kirill, perdonaci! Avevi solo 18 mesi e le bombe a Mariupol ti hanno ucciso. Dovresti sorridere, piangere, fare i capricci, correre e scoprire il mondo e invece sei morto.

Sei morto perché c’è un uomo, una nazione che decide di invadere il vicino; c’è l’occidente che si indigna, ci sono i tavoli della diplomazia, c’è una condanna dell’ONU, c’è l’Europa che unita aiuta il tuo popolo, ci sono sanzioni;  parole, fatti, a posteriori, quando è troppo tardi perché tu sei già morto e non dovevi morire.

Dobbiamo ammetterlo: siamo incapaci, come esseri umani non siamo in grado di convivere con gli altri; ci attira il potere, ci domina il profitto, ci affascina la forza; abbiamo sbagliato sottovalutando e sopravvalutando le parti in campo. Abbiamo emarginato, sopraffatto, ignorato perché fondamentalmente siamo egoisti, ci sentiamo individuo non umanità.

E allora come non si lascia guidare un’auto a chi non ha la patente così, avendo dimostrato che siamo incapaci, a tratti folli, non possiamo avere la patente per le armi.

Di per sé un’arma è uno strumento ma a differenza di altri oggetti la sua bontà non dipende dall’uso che se ne fa: le armi sono costruite per far male, in offesa o in difesa non importa. Non siamo in grado di gestirle, quindi ci devono essere tolte. L’unica soluzione per non avere un’altra Ucraina, Siria, Afghanistan, un altro Kirill è togliere all’umanità le armi.

Ci difenderemo a mani nude se qualcuno ci aggredisce, abbiamo dimostrato di non meritare il progresso quindi ci sia la clava e la pietra se dobbiamo usare la forza, chi si fronteggerà potrà anche morire, avrà scelto la violenza al posto del dialogo, sarà un affare fra loro e Kirill che è innocente non morirà.

L’industria delle armi è un colosso che genera profitto e lavoro, non lo si nega; si chiamano Lockheed, Boeing, Aviation Industry, Leonardo, Almaz Antey, Dassault, Rolls-Royce, solo per citarne alcune, e nel 2019 le prime 25 nella lista hanno venduto armi per 361 miliardi di dollari. Un affare, sì, ma non per Kirill!

Creiamo un piano mondiale di riconversione dell’industria bellica, insieme alla transizione ecologica, ai piani di resilienza, ai patti transnazionali.

Non dico di convertirla a piantare fiori, vanno bene anche i diamanti, basta che non siano armi!

Fausta Dal Monte

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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