Il timore del fallimento: la costante paura di non farcela e di non essere abbastanza

 

Da un recente Rapporto Amway sulla Imprenditorialità in Italia è emerso un dato importante ma soprattutto significativo, ovvero una diffusissima, quasi generale, paura di fallire come tratto caratteristico dei giovani italiani under 30 pur in presenza di una buona propensione all’imprenditorialità, addirittura superiore a quella statunitense.

Se è vero che è raro incontrare una persona che non abbia fallito in qualcosa nella vita è anche vero che, in generale, il peso che diamo alle piccole o grandi sconfitte è di gran lunga superiore a quello che riserviamo ai successi e questo, molto spesso, finisce con il condizionare e compromettere la nostra sfera emotiva e le nostre stesse scelte: la paura di fallire ci blocca e molto spesso diventa essa stessa la causa del fallimento.

La società del ventunesimo secolo ci ha abituati ad essere produttivi, sempre di corsa, sempre perfetti, tanto da essere convinti che fallire, sbagliare e non essere sempre al massimo delle nostre potenzialità siano dei lussi che solo poche persone possano permettersi. Il tempo non basta e quindi quello che c’è non si può “perdere” sbagliando. Ma non è anche sbagliando che si può imparare?

In quanti anni ti sei laureato? Lavori? Come mai non sei riuscito a superare l’esame? Come è possibile tu non viva ancora da solo? Ognuno di noi ha ricevuto una domanda del genere nel corso della propria vita scontando la pena della mania di perfezionismo che questa società ci ha inculcato.

Ci si guarda spesso intorno e ciò che si constata è altrettanto spesso angosciante: il tempo passa, il mondo va avanti, tutti sembrano essere più avanti di te.

 Ma è davvero così?

In realtà va detto che, come ogni cosa nella vita, la difficoltà di gestire la sconfitta è proprio legata alla scarsa esperienza che facciamo con essa. Considerando poi che la vita è imprevedibile e ci sono dei fattori su cui non è possibile intervenire, l’impatto che certi eventi “negativi” possono avere su di noi va calibrato ed analizzato solo alla luce della modalità e capacità di affrontarli, dunque a testa alta e non chiudendosi in sé stessi. Perché non iniziare a considerare, per esempio, gli insuccessi come parte integrante della natura umana? Perché non inserire nel percorso della nostra vita anche ciò che ci ha fatto cadere sapendo che poi sarà proprio quella caduta che ci spingerà a rialzarci, a capire cosa fare e dove dirigerci? È frequente infatti che, contrariamente con ciò che accade con le proprie vittorie, gli insuccessi vengano nascosti per imbarazzo, per vergogna, per paura di essere giudicati. Si inizia a temere il confronto con gli altri ma soprattutto con sé stessi: la paura di rimettersi in gioco, la paura di fallire di nuovo, la paura di non essere capiti e di non ritrovarsi.

E se invece iniziassimo a convincerci del fatto che sbagliare è umano? Se provassimo a convincerci del fatto che, anzi, forse sbagliare è la cosa più umana che possa esserci? Che può capitare di cadere costruendo la propria strada, purchè poi ci rialzi per procedere, che sia in un senso o in un altro completamente opposto a quello iniziale di partenza? Esiste davvero quella perfezione a cui tutti aspiriamo o si tratta di un ennesimo inganno?

“Sbagliando si impara”, citazione tanto scontata quanto reale. In una società che corre incessantemente, che ci impone la perfezione, che ci porta al tutti contro tutti nella convinzione di essere sbagliati apriamo, invece, le porte al fallimento: abbracciamolo e accettiamolo come parte di noi. Dunque affrontiamo piccole sfide che ci portano fuori dalla nostra zona di comfort, perché ci rafforzano e ci allenano; iniziamo a vedere un evento negativo semplicemente per quello che è, un episodio tra tanti, e non come qualcosa di eterno e immutabile e che per sempre ci definirà come persone. Tutto viene e tutto va, lo fanno anche le sconfitte. Se restano presenti ed ingombranti è soltanto perché continuiamo a tenerle cucite addosso come una idea di noi. Non cercate scuse ma cercate le cause, non accettate il fallimento senza capirlo e capirvi, confrontatevi con gli altri e non abbiate timore di mostrarvi anche nelle vostre fragilità ma soprattutto: perdonatevi, perché infallibile non è nessuno.

Ludovica Italiano

 

 

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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