Se per un ospedale il pronto soccorso rappresenta il suo cuore pulsante, per la cittadinanza è l’indice della funzionalità dell’ospedale stesso. Abbiamo incontrato il direttore della Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza del nosocomio di Alessandria, dottor Riccardo Boverio.
Come sta il pronto soccorso di Alessandria?
Sta male, molto male perché drammaticamente sottorganico del 70%, abbiamo tre medici di giorno e due medici di notte e ogni giorno la media di accesso è di 100 pazienti.
Perché succede questo?
I pronto soccorso si intasano perché tutti lo vedono come soluzione al proprio male, solo una minoranza dei casi che arrivano è davvero un’emergenza, tutti gli altri potrebbero essere risolti dai medici di base o dalla attività ambulatoriale, bisogna potenziare la medicina territoriale seriamente. Inoltre le borse di studio delle scuole di specializzazione restano inevase, nessuno vuole fare il medico di pronto soccorso e ciò si aggiunge alla carenza di medici e ai pochi accessi alla facoltà a numero chiuso. Bisogna incentivare economicamente ma soprattutto migliorare la qualità del lavoro. Per essere in prima linea non basta la preparazione tecnica, si deve avere un’attitudine, mantenere la calma e saper lavorare sotto stress costante. Il pronto soccorso è una porta aperta e non puoi programmare chi e cosa arriverà.
Le persone si lamentano delle lunghe attese piuttosto è importante il giusto inquadramento al momento dell’accesso, cosa succede con i nuovi colori dei codici?
La riforma del triage è a livello nazionale; all’arrivo c’è un infermiere di triage, appositamente formato, che seguendo dei protocolli di letteratura ben precisi assegna il codice che non è di gravità o cronologico ma di priorità di accesso alla visita che tiene conto della possibile evoluzione del sintomo. Si fa un triage globale con presa in carico della persona a 360°. I codici adesso sono rosso, arancione, azzurro, verde e bianco. Per ogni codice è prevista una rivalutazione durante l’attesa con tempistiche diverse e quindi un monitoraggio costante dell’evoluzione del sintomo, anche l’attesa dunque fa parte dell’osservazione del paziente. Può sembrare che il pronto soccorso sia un campo di battaglia e a volte e così ma è un caos ordinato, dietro c’è tutta un’organizzazione che affrontiamo con calma e ordine.
Se avesse la bacchetta magica cosa farebbe?
Vorrei che ci fossero tanti, tanti dottori al pronto soccorso, per fare la guerra ci vogliono i soldati.
In 32 anni di professione qual è il momento che più ricorda?
Febbraio e marzo 2020 quando fuori c’era una coda lunghissima di ambulanze, sentivamo che stava per venirci addosso una montagna ma nessuno sapeva come affrontarla, è stata la sensazione più forte della mia carriera e della mia vita.
Rifarebbe il medico al pronto soccorso?
A volte dico chi me l’ha fatto fare ma sinceramente lo rifarei, non ho mai fatto una visita in libera professione, per me la medicina è un ruolo sociale, è la mia indole, e sicuramente il pronto soccorso è esattamente ciò.