Remake del famoso Aladdin realizzato dalla Disney nel 1992, questo nuova versione live action delle peripezie del misero ma intelligente ragazzo di Agrabah, della principessa Dalia e del genio della lampada – firmata da Guy Ritchie – pur mantendendo a livello narrativo la fedeltà al film e alla novella originali, non delude le aspettative sul piano spettacolare e visivo. La sceneggiatura, composta da Ritchie insieme a John August, collaboratore di Tim Burton, funziona, così gli effetti digitali, che favoriscono un’immersione più realistica ed emotiva dello spettatore nella storia; gli attori, in particolare il canadese di origini egiziane Mena Massoud nel ruolo di Aladdin, e il divo Will Smith in quello del Genio (emulo del Robin Williams che l’aveva interpretato nel precedente film), si dimostrano tutti all’altezza dell’incarico. C’è perfino qualche aggiunta/digressione in chiave contemporanea, con riferimento alla rinnovata lotta per i diritti delle donne, ad esempio. L’entertainment è garantito, entro una perfetta cornice estetica: forse si perde un po’ d’emozione, ma è un rischio inevitabile nell’epoca dell’animazione digitale.
Che fare quando il mondo è in fiamme?: è la domanda del documentarista marchigiano Roberto Minervini, autore della “trilogia texana” (The Passage, 2011; Bassa marea, 2012; Ferma il tuo cuore in affanno,2013) e del recente Louisiana (2015), instancabile narratore di un’America dai mille volti. Qui il tema è quello della convivenza civile tra bianchi e neri, che viene restituita dal regista con il racconto dall’interno della comunità afroamericana di New Orleans. Minervini ci immerge in un vivissimo bianco e nero, tra realismo e finzionalità, nelle atmosfere di un mondo sempre pronto ad esplodere. Ci sono le storie di Judy Hill, un passato di droghe e abusi, che continua a gestire il proprio bar come luogo di riscatto, quelle delle nuove Black Panthers, delle loro rivendicazioni; infine, il racconto di Rolando e Titus, 14 e 9 anni, che scoprono il loro pericoloso mondo quotidiano. E poi la preparazione da parte degli indiani del “Mardi Gras”, il Carnevale di New Orleans. La macchina da presa si intrufola silenziosamente in mezzo a cose, luoghi e persone, tra campi lunghi e primi piani, mettendo al centro l’uomo, nella sua miseria, nella sua bellezza, nel suo vivere e lottare.
Barbara Rossi